UN NUOVO “PARTITO d’ AZIONE” di Paolo Bagnoli
23-12-2023 - EDITORIALE
L'Italia democratica, quella che crede nei valori della Costituzione e nelle radici della Repubblica, non può che plaudire a Giorgio Benvenuto il quale – come si apprende da un'intervista al giornale Domani del 10 dicembre u.s. – è tornato nuovamente nella mischia politica per far rinascere il Partito d'Azione.
E' una scelta che non denota solo coraggio, visto che il PdA si è sciolto nell'autunno 1947, ma ragionata passione politica in una fase storica, quale quella che vive il Paese, in cui il dissolvimento della funzione democratica di partiti organizzati e ideologicamente orientati incide negativamente sulle nostre istituzioni favorendo il proliferare del populismo e la ricomposizione di quest'ultimo nella destra quale quella che ci governa. La destra che esprime l'ultimo approdo di quello che fu il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante: ossia del fascismo repubblichino di Salò.
Così facendo Giorgio Benvenuto, la cui storia politica socialista è ben nota, invita a ricucire su un terreno nuovo rispetto a quello dei partiti di sinistra tradizionali, i grandi temi che è necessario affrontare per salvaguardare, da un lato, la Costituzione e l'etica repubblicana ad essa implicita e, dall'altro, cominciare a tracciare la strada per il movimento di una sinistra nuova al contempo socialista e liberale, integralmente democratica e solidamente ancorata agli ideali di giustizia e di libertà. Per far risorgere il senso dell'avvenire e rispondere a una decadenza complessiva del sistema affidando ad una sinistra, appunto nuova, il compito pesante, e affascinante al contempo, di ripensare l'Italia e le sue manchevolezze politiche e culturali nel segno di un profondo cambiamento democratico: un tentativo che richiede idee e inserimento nel sociale per far emergere e ridare voce e corpo a quell'altra Italia che si compie in nazione intendendo con il termine non il nazional-sovranismo di chi ci governa, ma un complesso unitario di storie diverse realizzantesi e compiutesi nella cittadinanza paritaria dei diritti sociali e civili.
L'operazione non è semplice, anzi è difficile e non è nemmeno detto che riesca, ma ciò non toglie di valore e di significato all'iniziativa. Se non altro, il tentativo di tentarla ci dice che gli italiani non sono sonnambuli; che c'è un'Italia che vuole esserci, camminare nella strada di quella “rivoluzione democratica” tracciata dalla Costituzione e pure, a nostro parere, ragione storica della Repubblica.
I partiti politici nascono e muoiono come tutte le cose di questo mondo. Quando scompaiono ognuno lascia qualcosa, com'è naturale nelle vicende della vita. I partiti storici della democrazia italiana hanno lasciato molto, ma ritenere che si possa pensare a un futuro sui loro lasciti – nel merito dei quali non entriamo – finisce per scadere in un reducismo talora patetico, fermo restando che ai meriti del passato va dato il dovuto riconoscimento. Sono storie finite che vanno prese, nel bene e nell'eventuale male che hanno prodotto, per quelle che sono state; ma esse appartengono oramai veramente alla Storia con la esse maiuscola. Scomparendo dalla scena i protagonisti della tante volte ricordata prima repubblica non hanno lasciato un pensiero compiuto, che è di quanto oggi l'Italia abbisogna; ne abbisogna da diversi decenni invero, la sua mancanza ha generato il fenomeno Berlusconi e quanto poi ne è disceso per li rami fino all'approdo odierno.
Noi appoggiamo l'iniziativa presa da Giorgio Benvenuto e già ci sembra di sentire le critiche e gli scherni sul PdA quale forza “che non sapeva cosa voleva, ma la voleva subito.” Tuttavia, se le critiche stanno in un dibattito politico basato sul confronto delle idee, esse ben vengano; vuol dire che sta tornando l'esigenza della politica presupposta dalla cultura politica la cui mancanza l'ha ridotta a mero governismo.
Il Partito d'Azione ha avuto vita breve – gloriosa nella Resistenza – perché è vissuto solo cinque anni: dal 1942 al 1947. Di cultura politica ne aveva molta e compiuta e questa non se ne è andata con il soggetto; l'azionismo. con le sue molteplici provenienze e coniugazioni, è oramai annoverato come una cultura politica nuova nata nel secolo passato. Non è un qualcosa di superato poiché l'Italia ha ancora largamente aperti e irrisolti i problemi che gli azionisti dibattevano contraddistinguendosi – come hanno continuato a caratterizzarsi nei partiti in cui sono successivamente confluiti - per il rigore intellettuale, la solidità morale e un intransigente senso della libertà, base fondante di ogni indirizzo interno, fosse esso di matrice liberale, socialista o semplicemente democratica. Quando si tratta di azionismo l'intenzione fa peso su il conseguente indirizzo politico che viene assunto.
Siamo all'onere della prova e i fatti diranno. Ma la novità annunciata da Giorgio Benvenuto porta una salutare ventata d'aria fresca che ci auguriamo richiami all'impegno la sinistra dormiente per il risveglio dell'intero Paese.
E' una scelta che non denota solo coraggio, visto che il PdA si è sciolto nell'autunno 1947, ma ragionata passione politica in una fase storica, quale quella che vive il Paese, in cui il dissolvimento della funzione democratica di partiti organizzati e ideologicamente orientati incide negativamente sulle nostre istituzioni favorendo il proliferare del populismo e la ricomposizione di quest'ultimo nella destra quale quella che ci governa. La destra che esprime l'ultimo approdo di quello che fu il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante: ossia del fascismo repubblichino di Salò.
Così facendo Giorgio Benvenuto, la cui storia politica socialista è ben nota, invita a ricucire su un terreno nuovo rispetto a quello dei partiti di sinistra tradizionali, i grandi temi che è necessario affrontare per salvaguardare, da un lato, la Costituzione e l'etica repubblicana ad essa implicita e, dall'altro, cominciare a tracciare la strada per il movimento di una sinistra nuova al contempo socialista e liberale, integralmente democratica e solidamente ancorata agli ideali di giustizia e di libertà. Per far risorgere il senso dell'avvenire e rispondere a una decadenza complessiva del sistema affidando ad una sinistra, appunto nuova, il compito pesante, e affascinante al contempo, di ripensare l'Italia e le sue manchevolezze politiche e culturali nel segno di un profondo cambiamento democratico: un tentativo che richiede idee e inserimento nel sociale per far emergere e ridare voce e corpo a quell'altra Italia che si compie in nazione intendendo con il termine non il nazional-sovranismo di chi ci governa, ma un complesso unitario di storie diverse realizzantesi e compiutesi nella cittadinanza paritaria dei diritti sociali e civili.
L'operazione non è semplice, anzi è difficile e non è nemmeno detto che riesca, ma ciò non toglie di valore e di significato all'iniziativa. Se non altro, il tentativo di tentarla ci dice che gli italiani non sono sonnambuli; che c'è un'Italia che vuole esserci, camminare nella strada di quella “rivoluzione democratica” tracciata dalla Costituzione e pure, a nostro parere, ragione storica della Repubblica.
I partiti politici nascono e muoiono come tutte le cose di questo mondo. Quando scompaiono ognuno lascia qualcosa, com'è naturale nelle vicende della vita. I partiti storici della democrazia italiana hanno lasciato molto, ma ritenere che si possa pensare a un futuro sui loro lasciti – nel merito dei quali non entriamo – finisce per scadere in un reducismo talora patetico, fermo restando che ai meriti del passato va dato il dovuto riconoscimento. Sono storie finite che vanno prese, nel bene e nell'eventuale male che hanno prodotto, per quelle che sono state; ma esse appartengono oramai veramente alla Storia con la esse maiuscola. Scomparendo dalla scena i protagonisti della tante volte ricordata prima repubblica non hanno lasciato un pensiero compiuto, che è di quanto oggi l'Italia abbisogna; ne abbisogna da diversi decenni invero, la sua mancanza ha generato il fenomeno Berlusconi e quanto poi ne è disceso per li rami fino all'approdo odierno.
Noi appoggiamo l'iniziativa presa da Giorgio Benvenuto e già ci sembra di sentire le critiche e gli scherni sul PdA quale forza “che non sapeva cosa voleva, ma la voleva subito.” Tuttavia, se le critiche stanno in un dibattito politico basato sul confronto delle idee, esse ben vengano; vuol dire che sta tornando l'esigenza della politica presupposta dalla cultura politica la cui mancanza l'ha ridotta a mero governismo.
Il Partito d'Azione ha avuto vita breve – gloriosa nella Resistenza – perché è vissuto solo cinque anni: dal 1942 al 1947. Di cultura politica ne aveva molta e compiuta e questa non se ne è andata con il soggetto; l'azionismo. con le sue molteplici provenienze e coniugazioni, è oramai annoverato come una cultura politica nuova nata nel secolo passato. Non è un qualcosa di superato poiché l'Italia ha ancora largamente aperti e irrisolti i problemi che gli azionisti dibattevano contraddistinguendosi – come hanno continuato a caratterizzarsi nei partiti in cui sono successivamente confluiti - per il rigore intellettuale, la solidità morale e un intransigente senso della libertà, base fondante di ogni indirizzo interno, fosse esso di matrice liberale, socialista o semplicemente democratica. Quando si tratta di azionismo l'intenzione fa peso su il conseguente indirizzo politico che viene assunto.
Siamo all'onere della prova e i fatti diranno. Ma la novità annunciata da Giorgio Benvenuto porta una salutare ventata d'aria fresca che ci auguriamo richiami all'impegno la sinistra dormiente per il risveglio dell'intero Paese.