"UNA LUNGA PARTITA" di Paolo Bagnoli
22-11-2021 - EDITORIALE
Che in vista della scadenza legata al rinnovo della Presidenza della Repubblica, seguita dopo non molto tempo – sempre che le cose non prendano una deriva diversa – dalle elezioni politiche le acque si agitassero era da mettere in conto. Oramai appare sempre più difficile controllare la tenuta della maggioranza che tale è, ma per stato di necessità emblematizzato dalla presidenza Draghi, che non per intenzione politica, se non di facciata. E’ un quadro nel quale può succedere di tutto. E’, infatti, chiaro che l’indisponibilità, più volte riconfermata, di Sergio Mattarella di restare al Quirinale almeno per un altro anno, in modo tale che sia lui che Draghi vadano a scadenza nello stesso momento, apre una faglia nel sistema. Ora, se è formalmente ineccepibile che il Capo dello Stato non voglia, seppur per pochi mesi, restare al Quirinale, è anche vero che, al di là dei bizantinismi che talora la giurisprudenza costituzionale elabora, lo sfilarsi di uno dei due pilastri su cui si regge attualmente il sistema italiano , apre a tutti gli scenari. Ogni questione è buona per qualcuno per scagliarsi contro qualche altro e se Mario Draghi riesce, come vi è riuscito fino a questo momento, a tenere le briglia del governo, non può essere lui a tenere contestualmente quelle del confronto politico-parlamentare. Non solo, ma il distacco che si registra tra governo e Parlamento – vedi la questione Rai e il voto di Italia Viva con le destre che al Senato ha messo sotto l’esecutivo e all’angolo Pd e 5 Stelle – sono solo i significativi segnali che ci dicono come lo sfilacciamento sia già in atto. E poiché la situazione è caotica diviene difficile tentare di argomentare un ragionamento che cerchi di capire la ratio del presente.
Di dati certi ve ne sono pochi. Uno riguarda il braccio di ferro tra Letta e Renzi. Si è oramai capito fin troppo bene che quest’ultimo non permetterà al segretario del Pd di svolgere il ruolo il riferimento primario per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Un altro dato riguarda una destra senza né capo né coda in balia a tre vuoti politici pari, cioè, a quante sono le sue componenti con l’aggravante che vola libero il vento sovranista di Salvini. Berlusconi, di par suo, pateticamente, vuole apparire ciò che non è. Infatti, capo sempre formalmente ossequiato di una forza già superata dai suoi parlamentari che appaiono sempre più attratti dal similmacronismo italico che vuole rappresentare Renzi. Infine, abbiamo con una destra all’opposizione e in calo di consensi e un Pd che ritiene di poter svolgere un ruolo generale per il quale non ha né forza né autorevolezza politica. Va da sé che le forze che sorreggono il governo non possono permettersi di metterlo in crisi, ma i passaggi in aula della legge di bilancio si prevedono travagliati in quanto preziosamente funzionali ad altro che non allo specifico di merito; insomma, crediamo che entreremo in una lunga partita giocata senza arbitro poiché la politica, invece di esserne la ragione, ne appare solo lo spettro.
Comunque vada a finire e pure al di là delle singole persone che, in maniera diretta o indiretta, ne saranno i protagonisti, è chiaro che la Repubblica non ne uscirà rafforzata e la politica democratica da ricostruire per uscire da una crisi oramai trentennale suona alla stregua di uno slogan. Ci sembra si stia piano piano, ma non tanto, alzando il sipario su una scena che non è una rappresentazione fedele di quanto si muove dietro le quinte.
Di dati certi ve ne sono pochi. Uno riguarda il braccio di ferro tra Letta e Renzi. Si è oramai capito fin troppo bene che quest’ultimo non permetterà al segretario del Pd di svolgere il ruolo il riferimento primario per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Un altro dato riguarda una destra senza né capo né coda in balia a tre vuoti politici pari, cioè, a quante sono le sue componenti con l’aggravante che vola libero il vento sovranista di Salvini. Berlusconi, di par suo, pateticamente, vuole apparire ciò che non è. Infatti, capo sempre formalmente ossequiato di una forza già superata dai suoi parlamentari che appaiono sempre più attratti dal similmacronismo italico che vuole rappresentare Renzi. Infine, abbiamo con una destra all’opposizione e in calo di consensi e un Pd che ritiene di poter svolgere un ruolo generale per il quale non ha né forza né autorevolezza politica. Va da sé che le forze che sorreggono il governo non possono permettersi di metterlo in crisi, ma i passaggi in aula della legge di bilancio si prevedono travagliati in quanto preziosamente funzionali ad altro che non allo specifico di merito; insomma, crediamo che entreremo in una lunga partita giocata senza arbitro poiché la politica, invece di esserne la ragione, ne appare solo lo spettro.
Comunque vada a finire e pure al di là delle singole persone che, in maniera diretta o indiretta, ne saranno i protagonisti, è chiaro che la Repubblica non ne uscirà rafforzata e la politica democratica da ricostruire per uscire da una crisi oramai trentennale suona alla stregua di uno slogan. Ci sembra si stia piano piano, ma non tanto, alzando il sipario su una scena che non è una rappresentazione fedele di quanto si muove dietro le quinte.