"POLITICA E POLITOLOGIA" di Paolo Bagnoli
25-06-2017 - EDITORIALE
Una volta, scorrendo le pagine dei nostri giornali, si potevano leggere articoli di idee: intellettuali, dalle varie professioni fornivano riflessioni, commenti, proposte, polemiche che alimentavano il dibattito politico-culturale. La stampa assolveva anche a una funzione critica; più in generale, di pedagogia civile. Oggi, di tutto questo, nemmeno l´ombra. Intendiamoci: vi sono dei giornalisti assai bravi e brillanti che si muovono in tale direzione; ma sono, appunto, dei professionisti. Il contributo della tanto lodata "società civile" non esiste praticamente più. Si, certo, qualche cosa arriva, magari sotto la forma di lettera al giornale, ma quanto succedeva prima non è più all´ordine del giorno tanto che, alla fine, troviamo sempre le stesse firme. I giornali si sono come chiusi; nulla lascia presagire che torneranno ad aprirsi. Sicuramente ciò è dovuto a molti fattori; il primo di questi crediamo riguardi la crisi profonda della politica; meglio dire, la sua assenza e, quindi, una persistente difficoltà anche a parlarne e a ragionarci sopra. Tutto si limita alla logica del giorno dopo giorno. La politica pensata dal di fuori delle redazioni è scomparsa.
Grande campo ha, invece, la politologia. Gli scienziati della politica abbondano quasi a coprire il vuoto di cui sopra. Lungi da noi criticare questo modo di leggere la politica. La politologia, tuttavia, ha un compito diverso dalla critica politica, poiché studia i modelli e quanto vi è connesso- Inoltre è una disciplina astorica. E di questi tempi la comprensione della politica della storia non può fare a meno. Giovanni Sartori ha rappresentato e interpretato la scienza della politica a livelli sommi: da vero maestro. I politologi che leggiamo sono dei collaboratori esterni nel complesso competenti e qualificati. Tuttavia, per il vuoto lasciato dalla critica, talora, quasi sempre, finiscono per prendersi tutto il campo. Così. i ragionamenti che sviluppano, pur partendo dal canone dei modelli, più che spiegare vogliono indirizzare. In un Paese impaniato da troppo tempo in una palude nella quale questioni istituzionali, leggi elettorali e problemi di governabilità si fronteggiano e si mixano, tale tendenza è divenuta praticamente prassi consolidata. Gli scienziati della politica ci sembrano uniti da un tratto comune: la vocazione per i sistemi maggioritari come se la governabilità dipendesse solo dal numero dei parlamentari che si ha. I fatti ci dicono che così non è; la realtà ci ha fornito, anche in tempi recenti, incontrovertibili repliche. Il collante che permette la governabilità non può, di sicuro, prescindere dai numeri, ma se non c´è la politica, il senso dello Stato e un´idea dell´Italia, la governabilità resta lontana. La questione non è eludibile: per riavviare un ragionamento complessivo sul nostro sistema democratico va riacquisita la politica con le intenzioni che la muovono. Altrimenti si cade nell´errore che i problemi politici possano risolversi con soluzioni tecniche che, per di più, in Italia sono sempre un po´ pasticciate. Ragionare su un solo lato, pretendendo di articolare il tutto, non agevola né la chiarezza sugli aspetti particolari né, tantomeno, su quelli complessivi.
In conclusione, se in parallelo all´esercizio politologico ne sorgesse nuovamente anche uno critico politico, crediamo che la vitalità democratica registrerebbe un segno positivo.
Grande campo ha, invece, la politologia. Gli scienziati della politica abbondano quasi a coprire il vuoto di cui sopra. Lungi da noi criticare questo modo di leggere la politica. La politologia, tuttavia, ha un compito diverso dalla critica politica, poiché studia i modelli e quanto vi è connesso- Inoltre è una disciplina astorica. E di questi tempi la comprensione della politica della storia non può fare a meno. Giovanni Sartori ha rappresentato e interpretato la scienza della politica a livelli sommi: da vero maestro. I politologi che leggiamo sono dei collaboratori esterni nel complesso competenti e qualificati. Tuttavia, per il vuoto lasciato dalla critica, talora, quasi sempre, finiscono per prendersi tutto il campo. Così. i ragionamenti che sviluppano, pur partendo dal canone dei modelli, più che spiegare vogliono indirizzare. In un Paese impaniato da troppo tempo in una palude nella quale questioni istituzionali, leggi elettorali e problemi di governabilità si fronteggiano e si mixano, tale tendenza è divenuta praticamente prassi consolidata. Gli scienziati della politica ci sembrano uniti da un tratto comune: la vocazione per i sistemi maggioritari come se la governabilità dipendesse solo dal numero dei parlamentari che si ha. I fatti ci dicono che così non è; la realtà ci ha fornito, anche in tempi recenti, incontrovertibili repliche. Il collante che permette la governabilità non può, di sicuro, prescindere dai numeri, ma se non c´è la politica, il senso dello Stato e un´idea dell´Italia, la governabilità resta lontana. La questione non è eludibile: per riavviare un ragionamento complessivo sul nostro sistema democratico va riacquisita la politica con le intenzioni che la muovono. Altrimenti si cade nell´errore che i problemi politici possano risolversi con soluzioni tecniche che, per di più, in Italia sono sempre un po´ pasticciate. Ragionare su un solo lato, pretendendo di articolare il tutto, non agevola né la chiarezza sugli aspetti particolari né, tantomeno, su quelli complessivi.
In conclusione, se in parallelo all´esercizio politologico ne sorgesse nuovamente anche uno critico politico, crediamo che la vitalità democratica registrerebbe un segno positivo.
Recentemente, in un´intervista, Pier Luigi Bersani ha definito la sinistra "un fiore di campo" aggiungendo: "Prima o poi passa qualcuno e lo prende". Forse Bersani potrebbe domandare a Francesco in quale giardino del Vaticano lo abbia piantato. Pirgopolinice |