"Anno bisesto, anno funesto.Quando le libertà costituzionali sono soppresse per decreto del Presidente del Consiglio"
27-03-2020 - IL GRASSETTO
Anno bisesto, anno funesto. Mai credenza popolare fu così suggestiva come in questo 2020. E non solamente per il virus venuto dalla Cina a complicare una scena internazionale, già particolarmente travagliata, a partire dalla crisi USA-Iran. Ma anche perché il virus stesso disvela lo sgretolamento delle garanzie costituzionali di libertà e di tutte le istituzioni democratiche, nonché l'inadeguatezza della classe politica più in generale.
Il caso italiano è particolarmente evidente. Diciamo così: la classe politica attuale si trova, oramai, al momento sbagliato, nel posto sbagliato. Mi spiego ancora più brutalmente: nella migliore delle ipotesi, siamo di fronte a dilettanti allo sbaraglio, con pose da statisti alla Casalino & C. I quali, se in tempo di prosperità economica e di quiete sociale potrebbero essere tollerati e commettere errori veniali, di cui sarebbero certamente assolti dall'opinione pubblica, in tempi di crisi economica e finanziaria, nonchè di emergenza pandemica, che miete ogni giorno vittime a centinaia, dovrebbero essere denunciati dalla stessa opinione pubblica come cattivi reggitori dello Stato, giacché commettono - è bene dirlo - danni davvero fatali.
Tra i danni fatali commessi in questi mesi (ma pure dovremmo dire anni - perlomeno a partire dalla modifica del Titolo V della Costituzione dalla cosiddetta Sinistra, "antifascista", "bellacioista", "piaciona", e con mille altri eccetera), vi è la soppressione di quasi tutte le libertà fondamentali della persona umana con un tratto di penna e il sostanziale svuotamento delle prerogative del Parlamento, mentre la massima magistratura dello Stato, ovvero il Presidente della Repubblica, rimane in silenzio, chiuso nel suo rispettoso (rispettoso) quanto incomprensibile silenzio.
Ora noi sappiamo che il consenso del Presidente del Consiglio è altissimo e che Mattarella gode di larghissima stima per la sua evidente (metterei questo avverbio al corsivo, ovvero così: evidente) statura MORALE. E sappiamo altresì che, a causa di queste ragioni da vox populi, dovremmo essere seppelliti da un cumulo assordante di buuuuuuuh se volessimo sollevare talune nostre perplessità di fronte ai meriti dei consensi dell'uno e delle considerazioni di favore per l'altro.
Faccio tuttavia osservare che tra le libertà fondamentali della persona umana è il diritto di espressione. E in ragione di quest'ultima libertà costituzionale, che ancora sopravvive, e prima che anch'essa sia soppressa dall'avvocato del popolo - parliamo ovviamente in forma ipotetica -, vorremmo pertanto denunciare all'opinione pubblica alcune cosarelle di poco conto - anche per il sommo Zagrebelsky. E cioè la decretazione d'urgenza come mezzo per stravolgere i principi fondamentali della Costituzione, provocare la chiusura de facto del Parlamento italiano e salvare, ancora una volta e dopo mille giravolte trasformistiche, la poltrona tanto immeritata del Presidente del Consiglio.
Tra le molteplici sfumature di colore dei vari decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, si comprendono numerose compressioni delle libertà fondamentali della persona umana e delle principali garanzie costituzionali previste dal nostro ordinamento. Mi riferisco in particolare all'articolo 4, che riconosce il diritto al lavoro, all'articolo 7, che riconosce alla Chiesa autonomia, indipendenza e sovranità nel suo ordine interno, all'articolo 8, che garantisce alle confessioni diverse dalla cattolica piena libertà di fronte alla legge, nonché il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, all'articolo 16, intorno alla libertà di movimento, all'articolo 17, intorno alla libertà di riunione privata, in luogo pubblico o aperto al pubblico, nonché all'articolo 19, sulla libertà di svolgere e propagandare il proprio credo religioso.
A questo punto ognuno vedrà come tali diritti fondamentali della persona umana non possano essere compressi con un tratto di penna da un solo uomo al comando, foss'anche il Presidente del Consiglio. E questo non solamente per evitare derive autoritarie, ma perché, nel nostro ordinamento, la centralità dell'azione legislativa non è in capo al Presidente del Consiglio, ma al Parlamento, cui il Governo sottrae oggi ogni voce in capitolo.
Questa deriva irrispettosa e autoritaria del Presidente del Consiglio non ci stupisce. Fino all'altro ieri era il referente di un movimento politico che irride al Parlamento, che ritiene gli eletti del popolo italiano una manica di delinquenti e che ha proposto per questo lo sfoltimento consistente del loro numero. E' vero che si è opposto strenuamente alla volontà di Salvini di ottenere dal popolo italiano i pieni poteri. Ma questa sua opposizione deriva dal fatto che questi pieni poteri egli li rivendica oggi per sé stesso, con la complicità della cosiddetta "Sinistra", che ritiene la Costituzione come la Carta più Bella del Mondo. E forse per questo motivo lascia che ad essa si rechi offesa dall'uomo solo al comando e che, di fatto, non senta il bisogno di difendere le prerogative democratiche del Parlamento. Tanti saluti allora ai giuramenti sulla Costituzione più Bella del Mondo, che questa cosiddetta Sinistra utilizza a intermittenza per ragioni di tornaconto personale. Ma i conti con la storia, prima o dopo, si pagano. E noi crediamo che questo momento sia già venuto a dichiarare questi ipocriti: spergiuri.
Qualcuno potrà sollevare l'argomento dell'emergenza sanitaria in atto. E qui nessuno di noi negherà il carattere emergenziale di questa pandemia. Ciò che noi contestiamo è che, allo stato di allerta nazionale, non sia seguito un ampio coinvolgimento del Parlamento sulle scelte da intraprendere. E ciò è avvenuto per raggiungere un solo obiettivo, e cioè il rafforzamento sostanziale non già dell'Esecutivo, ma del Capo dell'Esecutivo punto e basta. Ciò che appare paradossale è che il Parlamento stesso, preso da timori alla Don Abbondio, anziché dal coraggio di San Carlo Borromeo, si sia reso complice di questo piano, quando ha invocato la quarantena delle istituzioni, che poi significa una cosa sola, ovvero il tradimento colpevole del proprio mandato. Contro simili vergogne verrebbe da chiedere ai signori del Parlamento: lasciate adesso i vostri scranni a persone più degne di voi!
Da quanto ci siamo detti fino ad ora, ci pare chiaro che il mancato rispetto nei confronti del Parlamento e la conseguente compressione dei diritti di libertà siano azioni gravi contro il popolo italiano da parte di chi si era proclamato avvocato del Popolo, senza averne avuto il mandato. Ci troviamo di fronte, pertanto, contro un vero e proprio attentato agli organi costituzionali stessi. E questo perché si è voluto derogare alla vita democratica del paese per esercitare sul paese stesso dei poteri che la Costituzione non conferisce al Presidente del Consiglio, ma piuttosto al Parlamento. Lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio non può, infatti, prevedere la sospensione dei diritti fondamentali della persona umana e un controllo così poliziesco sulla vita civile del paese come neppure Scelba aveva attuato.
Ciò che andiamo dicendo non sono considerazioni farneticanti, bensì l'essenza della vita democratica delle istituzioni bene ordinate. Nessuno, infatti, può essere superiore alla legge. E la legge suprema è per noi democratici per-dav-ve-ro la Costituzione. E in Costituzione non vi è posto per avvocaticchi del popolo o uomini soli al comando.
Se così stanno le cose, e credo che le cose stiano purtroppo in questo modo, il Presidente del Consiglio deve essere richiamato ai suoi doveri istituzionali. E siccome la Massima Magistratura dello Stato tace, le altre cariche dello Stato tacciono e il Parlamento vuol tornare a casa, finché la peste sia cessata, la nostra piccola rivista è costretta a farsi avanti. Ci dica, signor avvocato, una volta per sempre, quale disegno ella stia costruendo per sé stesso. E se intenda o meno sottomettersi come tutti i cittadini alla Costituzione.
In ogni caso la informiamo che lo strumento del Decreto del Presidente del Consiglio non può spazzar via le garanzie costituzionali di libertà. Non siamo ancora di fronte alla monarchia assoluta di antico regime. E ci teniamo altresì a informarla, signor avvocato, che i suoi atti presidenziali sono atti meramente amministrativi. E nella gerarchia delle fonti questo ragionamento può significare solamente una cosa: che gli atti amministrativi sono provvedimenti secondari, che non possono superare, contrastare o derogare le leggi del Parlamento e la Costituzione della Repubblica. Spiace che la Massima Magistratura dello Stato non abbia avuto qualcosa da eccepire a riguardo.
Prevedere limiti costituzionali per mero strumento amministrativo a firma del Presidente del Consiglio può voler dire solamente una cosa, ovvero che il Presidente del Consiglio stesso miri a consolidare un potere personale autoritario in contrasto con le prerogative del Parlamento e in dispregio della Costituzione della Repubblica. E questo non dobbiamo consentirlo, neanche in nome della crisi sanitaria attuale. Se consentissimo a ciò, dovremmo consentire alla fine della nostra civiltà democratica in favore di un regime dispotico o alla cosiddetta democratura dell'uomo solo al comando.
Con i suoi reiterati provvedimenti di polizia, di cui peraltro dubitiamo assai circa l'efficacia, ella, signor avvocato, ha offeso il Parlamento, che è l'espressione diretta della volontà del popolo italiano. Solamente il Parlamento può infatti consentire, mediante legge ordinaria o convertendo in legge ordinaria un Decreto Legge, la sospensione di taluni diritti di libertà costituzionali, per un tempo peraltro limitato e motivato da gravi ragioni oggettive. L'art. 77 della Costituzione è chiaro: “[…] Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti […]”.
Mi pare chiaro da quanto abbiamo finora esposto che in Italia siamo oramai giunti allo sfascio totale delle nostre istituzioni democratiche, in funzione di un disegno autoritario del Presidente del Consiglio, nel silezio assordante della Massima Magistratura dello Stato e dei membri del Parlamento. Di fronte a questo atto di forza del Presidente del Consiglio, il popolo italiano si trova peraltro senza difesa alcuna, anche perché nessun giudice potrà dar loro ragione, stante la chiusura sine die di tutti i tribunali della Repubblica. Eppure, caro Giuseppi, benché ella intenda derogare a tutti i principi di libertà conquistati col sangue dei nostri migliori rappresentanti alla Costituente, noi non siamo per nulla intimoriti dalla sua tracotanza e denunciamo le sue furbizie. Né siamo scoraggiati dai silenzi delle alte magistrature dello Stato e dalle viltà del Parlamento. Ciò che dovevamo dire lo abbiamo detto per rispetto di noi stessi e della nostra civiltà democratica, presa d'assalto da un manipolo di giovani analfabeti da avanspettacolo e da giuristi opportunisti alla moda. La strada della libertà da questi orrori giuridici ci sembra adesso lunga e insidiosa. Ma guai a noi se non la percorressimo a testa alta.
Fonte: di STEFANO GAGLIANO