"DOPO IL 26 MAGGIO"
29-05-2019 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo sono ormai alle nostre spalle e, dal 2 luglio, giorno della sessione costitutiva della nona legislatura, assisteremo alle manovre che porteranno i diversi gruppi politici a scontrarsi e ad accordarsi per riempire le caselle di coloro che guideranno l’Unione europea nei prossimi cinque anni. Toccherà prima al presidente del PE e, dopo, ai commissari e al presidente della Commissione i cui curricula passeranno al vaglio del nuovo parlamento.
I risultati di queste elezioni hanno in parte rispettato i pronostici (grande balzo in avanti della Lega e arretramento dei 5 stelle in Italia, marcia trionfale di Nigel Farage nel Regno Unito e di Viktor Orban in Ungheria, crollo della CDU in Germania) e in parte hanno riservato sorprese (ad esempio l’avanzata dei Verdi in Francia e Germania) e, in altri casi ancora, hanno rispecchiato una situazione, di fatto, molto fluida (il testa a testa fra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron in Francia risoltosi a favore della leader del Rassemblement National per un solo punto percentuale). Si registra, inoltre, un’ottima performance dei socialisti spagnoli che distanziano di ben dodici punti il Partito Popolare.
Cominciamo col dire che non ci sarà all’interno del PE alcun terremoto. È vero che l’alleanza tra socialisti e popolari non sarà più sufficiente a garantire la maggioranza e che essa dovrà necessariamente includere i liberali (e, probabilmente, anche i Verdi, pur se con questi ultimi non sarà facile costituire una piattaforma comune di lavoro). È scongiurata l’ipotesi di un’alleanza tra i popolari e la parte più “dialogante” del settore sovranista. Resta anche da vedere, per il PPE, come si concluderà la diatriba che ha portato, al momento, alla sospensione del partito di Orban, Fidesz, ma non alla sua esclusione dal gruppo. Inoltre dobbiamo anche pensare che alla messa in esecuzione della Brexit gli europarlamentari britannici dovranno lasciare i loro seggi che saranno redistribuiti tra i non eletti dei paesi che hanno diritto ad avere altri deputati. L’Italia, ad esempio, avrà tre deputati in più.
Non c’è dubbio che la più grande vittoria di queste elezioni è aver riportato ai seggi molti elettori che nel corso degli anni avevano disertato le urne. Sembra evidente che la linea di frattura tra europeisti e sovranisti abbia risvegliato l’interesse degli europei. La scadenza elettorale del 2019 ha fatto registrare, infatti, la più alta affluenza dopo il 1979, data nella quale gli europei si sono recati per la prima volta alle urne per votare i loro rappresentanti.
Dobbiamo anche tenere presente che i sovranisti presenti nel nuovo PE, divisi in tre gruppi, ECR (con Fratelli d’Italia), EFDD (con i 5 stelle) e ENF (con la Lega) saranno obbligati a cercare punti comuni nella loro strategia al di là delle connotazioni nazionali e non è affatto detto che questo progetto risulti a portata di mano.
La presenza della componente sovranista potrebbe, tuttavia, anche essere letta come lo sprone necessario alle forze europeiste per portare finalmente a termine almeno alcune delle riforme che si impongono per rendere l’Unione europea all’altezza delle nuove sfide che l’attendono.
Si può, infatti, affermare che il primo decennio del processo d’integrazione europea si sia svolto sotto il segno di una profonda unità d’intenti fra i partecipanti le cui popolazioni avevano ancora ben presenti le rovine morali e materiali dell’ultima guerra mondiale.
Il secondo decennio, ha visto affiancarsi alla fiducia nel progetto l’idea che lo stare insieme costituisse un vantaggio reciproco per sfruttare al meglio le opportunità e per fare fronte alle difficoltà che stavano insorgendo a livello globale con le conseguenze del primo shock petrolifero, la fine della convertibilità del dollaro in oro e l’aumento della disoccupazione.
A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, venuta meno per ragioni anagrafiche la generazione che aveva progettato l’Europa unita e con essa la piena fiducia nel processo d’integrazione, non si poteva contare più nemmeno su un’unione per convenienza. Infatti, col tempo i problemi, dentro l’UE, non solo non conoscevano miglioramenti ma sembravano incancrenirsi.
Auguriamoci, dunque, che il fantasma delle orde sovraniste possa, una buona volta, far ripartire il circolo virtuoso dell’Europa che abbiamo conosciuto.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI