"ADELANTE CON JUICIO"
24-06-2019 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
La frammentazione uscita in Italia dal voto europeo non sembra favorire il nostro paese. La nuova composizione dei gruppi all’interno del nuovo Parlamento europeo e i negoziati che si stanno svolgendo al suo interno per assicurare all’istituzione una stabile maggioranza che porti all’elezione del nuovo presidente mal si accordano con i risultati del voto europeo in Italia.
I Verdi, indubbiamente la grande sorpresa di questa tornata elettorale, hanno raccolto nel nostro paese soltanto un misero 2,3% che non ha permesso loro neppure di entrare all’assemblea di Strasburgo. Al contrario, in Germania e Francia – paesi che tradizionalmente rappresentano il cuore dell’iniziativa politica dell’UE – i partiti verdi hanno conosciuto un vero e proprio exploit. In Francia i Verdi sembrano orientati su posizioni pragmatiche consistenti nella ricerca di soluzioni in cui la crescita economica e l’aumento dell’occupazione convivano in un modello di sviluppo maggiormente equilibrato. Il leader dei Verdi francesi Yannick Jadot si è detto pronto a valutare ogni ipotesi di alleanza nel nuovo PE, citando espressamente i popolari, i liberali e i socialisti spingendo Jean-Luc Mélenchon ad accusarlo di voler appoggiare “l’ecologia di mercato”.
In Germania, al contrario, i Verdi hanno vinto sulla base di una piattaforma rivolta a combattere l’austerity in Europa e le politiche della Grosse Koalition nel proprio paese.
Le forze liberali pro europee hanno raggiunto un ottimo risultato nonostante la sconfitta subita dal partito di Macron in Francia. I liberali sono riusciti, in molti paesi, a lucrare sulla crisi che affligge popolari e socialisti, entrambi i veri sconfitti di questa tornata elettorale.
Sarà, dunque, inevitabile passare dall’alleanza PPE/PSE che ha governato l’assemblea di Strasburgo a un’alleanza allargata ai liberali di ALDE e questo fatto potrebbe, addirittura, essere indicativo di un rafforzamento delle posizioni pro austerity data la ben nota idiosincrasia dei liberali nord europei verso il lassismo di bilancio di taluni Stati dell’area mediterranea.
Sensibilmente diverso sarebbe il discorso se all’alleanza precedente dovessero essere associati anche i Verdi. In questo caso, ne risentirebbe sicuramente la compattezza della coalizione, vista la distanza di una parte almeno di questi ultimi dalle politiche che hanno governato finora l’UE.
Vediamo adesso quale parte potrà recitare l’Italia nei prossimi giorni. Cominciamo col dire che nel nostro paese i Verdi – come già ricordato - non hanno superato la soglia del 4% e dunque non avranno alcuna possibilità di incidere. I liberali della lista + Europa promossa da Emma Bonino hanno subito la stessa sorte fermandosi al 3,09%. L’Italia non è, dunque, rappresentata all’interno dei due gruppi usciti vincitori da questa consultazione.
I partiti italiani rappresentati dal PPE e dal PSE sono Forza Italia, che ha quasi dimezzato i voti e il Partito democratico che è riuscito a piazzarsi alle spalle della Lega e prima di un Movimento 5 stelle che, in elezioni che non siano politiche, dimostra invariabilmente la scarsa rappresentatività della sua classe dirigente e il mancato radicamento sul territorio.
In questo ultimo scorcio di legislatura l’Italia può, però, contare su tre cariche ai vertici delle istituzioni europee, tutte di prestigio ma non tutte della stessa importanza in termini operativi.
Dell’operato di Federica Mogherini in quanto Alto Rappresentante per la politica estera dell’UE è difficile dire, perché a fronte di una così pomposa definizione ci troviamo davanti a una carica priva di reali competenze. Del resto anche chi l’ha preceduta non ha brillato in questa funzione, più per mancanza di strumenti operativi che per demeriti propri.
Il presidente del PE, Antonio Tajani ricopre una carica che è, sostanzialmente, frutto di un accordo spartitorio tra quelle che sono state finora le componenti maggioritarie dell’assemblea, il PPE e il PSE. Tuttavia, nei fatti, il ruolo di presidente del PE assicura più visibilità mediatica che non un reale potere.
Resta da esaminare la presidenza della Banca Centrale Europea affidata a Mario Draghi che, ci possiamo spingere a dire, costituisce più un premio alla persona che non un riconoscimento al paese di cui Draghi è cittadino.
Alla luce della nuova situazione che si è venuta a creare a Bruxelles, sarà difficile per l’Italia aspirare – come vorrebbe la maggioranza gialloverde – a un posto di commissario con responsabilità nel settore economico. Il nuovo richiamo della Commissione europea e la minaccia di una procedura d’infrazione per debito eccessivo che grava sull’attuale governo non sembra favorire una soluzione soddisfacente per l’Italia. Al massimo, come già in passato – verrà spacciata come una vittoria l’assunzione da parte di un italiano di un portafoglio, nella Commissione, scarsamente appetibile unita all’ennesima concessione di flessibilità nella gestione dei conti pubblici.
Tutto questo potrebbe trovare un motivo in più per realizzarsi nel timore, da parte di Bruxelles, che si possano concretizzare, entro la fine del 2019 la gestione di una procedura d’infrazione nei confronti del governo italiano e, allo stesso tempo, la No Deal Brexit a lungo invocata dal premier britannico in pectore, Boris Johnson.
Fonte: di ANDREA BECHERUCCI