"ELEZIONI NEL REGNO UNITO ED IN FRANCIA: CHE LEZIONE TRARRE"
25-06-2017 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
Dopo le elezioni presidenziali in Francia, di cui si è già parlato su queste pagine, si sono svolte altre due importanti consultazioni elettorali: quella tenutasi nel Regno Unito lo scorso 8 giugno e quella francese per il rinnovo dell´Assemblea Nazionale, in due turni, il primo l´11 ed il secondo il 18 giugno. Due elezioni dall´esito radicalmente diverso, tant´è che verrebbe da dire che l´unico elemento in comune è stato, sia pure parzialmente, il sistema elettorale uninominale maggioritario. Parzialmente perché, come sappiamo, quello inglese è un maggioritario a turno unico mentre il doppio turno costituisce la cifra del sistema francese, sia nelle elezioni presidenziali sia in quelle legislative. Al di là di dati e cifre già abbondantemente riportati dai media, anche se non sempre in modo chiaro, preciso e soprattutto completo, penso sia interessante cercare di capire se qualche lezione possa essere tratta da questa duplice esperienza elettorale e di che tipo. Almeno con qualche dato dobbiamo però confrontarci, altrimenti nessun commento avrebbe senso, ed il primo e più rilevante è quello relativo alla partecipazione. Questa nel Regno Unito ha sfiorato il 70% degli aventi diritto (68,7%) mentre in Francia, se si tiene conto anche delle schede bianche e nulle, solo il l 47% degli elettori nel primo turno e addirittura un misero 38% nel secondo ha espresso un voto valido. E´ vero che alle legislative la partecipazione è sempre calata rispetto alle presidenziali, ma se ricordiamo che in queste ultime la somma dei voti andati ai due candidati all´Eliseo era stata del 65% ci rendiamo conto di quanta disaffezione sia intervenuta nel frattempo. Si può pertanto affermare che mentre le elezioni nel Regno Unito sono state vive e partecipate – non dimentichiamo che si è votato il giovedì perché così si usa in quello strano Paese – quelle francesi hanno rivelato un grado di indifferenza e demotivazione decisamente preoccupante. Che questo sia un giudizio non di parte lo dimostra il fatto che anche giornali apertamente schierati per Macron hanno evidenziato la debolezza su cui si basa la schiacciante maggioranza parlamentare di En Marche. A questo punto si potrebbero aprire ampie riflessioni sui sistemi elettorali, da quelli proporzionali a quelli maggioritari di vario tipo. Mi limito a dire che sono convinto che non esistano sistemi elettorali buoni o cattivi in sé (parlo di quelli storicamente consolidati e non di aberrazioni come quelle recenti di casa nostra), ma che la differenza vera consista nella buona o cattiva politica e che tutto ne consegua. Però propendo per il proporzionale proprio perché i sistemi maggioritari richiedono un quadro politico equilibrato, dal momento che sono potenzialmente portatori di elementi profondamente distorsivi come il caso francese ha appena dimostrato. Anche il proporzionale ha i suoi difetti, ma è sicuramente più equo in termini di rappresentanza. Passiamo ora ai risultati delle due elezioni anche se sono ormai ben noti. Nel Regno Unito Theresa May, che aveva giocato la carta delle elezioni anticipate convinta di stravincerle e di essere così più forte nell´affrontare i negoziati inerenti alla Brexit, ha perso la maggioranza assoluta. Invece un anziano laburista del tipo classico, che molti fra cui Tony Blair ritenevano avrebbe portato il Labour al disastro, lo ha invece rilanciato riportandolo ad una percentuale dimenticata da molti anni (il 40% rispetto al 42% dei Conservatori). Il sistema elettorale però è quello che è e di conseguenza il divario in seggi ai Comuni è molto più accentuato. Va inoltre aggiunto che ai tempi delle vittorie blariane l´elettorato laburista era distribuito in modo più omogeneo sul territorio nazionale, che i LibDem avevano sottratto un notevole numero di collegi ai Tories e che la Scozia votava in prevalenza laburista non essendo ancora sorto lo Scottish National Party. Comunque il Labour guidato da Corbyn ha ottenuto 32 seggi in più di quanti ne avesse avuti con la leadership del più moderato Ed Miliband. Da segnalare inoltre, come hanno fatto i commentatori più attenti, che la Brexit è stata sostanzialmente irrilevante nel determinare le scelte degli elettori e che il sistema politico, anche se nessun partito ha la maggioranza assoluta, è ritornato ad un assetto più tradizionale, vista la scomparsa o il forte ridimensionamento di formazioni minori come l´UKIP o lo SNP. Completamente diverso è stato invece il risultato delle legislative francesi. En Marche, la formazione del neo-Presidente Macron, che si definisce né di destra né di sinistra, alleata con i centristi cattolici di MoDem, ha stravinto e l´esito era talmente scontato da indurre molti francesi, come abbiamo visto, a disertare le urne o a consegnare la scheda bianca o nulla. Il Front National è uscito dalle elezioni con le ossa rotte ed una modestissima pattuglia all´Assemblea Nazionale (solo 8 deputati). L´unica opposizione che ha retto, pur perdendo ben più della metà dei suffragi, è stata quella dei Repubblicani neo-gollisti, che conservano 113 seggi. Durissima è stata la sconfitta del PS, passato dagli oltre 9 milioni di voti del 2012 a poco più di 1 milione. In ogni caso i Socialisti hanno eletto 29 deputati e questo, alla luce del modestissimo risultato di Hamon alle presidenziali, è un esito insperato ed inatteso. In netto calo di consensi, sempre rispetto alle presidenziali, è risultata La France Insoumise di Mélenchon, ma va detto che alle legislative i Comunisti e i Verdi si sono presentati autonomamente e che il buon esito delle presidenziali era anche dovuto alla forte personalità di un leader come Mélenchon. Insomma, la sinistra francese è complessivamente debole oltre che profondamente divisa (29 seggi il PS, 17 La France Insoumise, 10 il Partito Comunista, 1 i Verdi, 3 i Radicali di sinistra, 12 i non meglio definiti "diversi di sinistra") ed è deprimente ricordare che 5 anni fa i Socialisti avevano ottenuto la Presidenza della Repubblica e la guida del governo. Quale è allora la lezione che possiamo trarre da queste elezioni? A mio avviso una sola, molto semplice e sempre la stessa, quella che i Socialisti rimasti fedeli ai principi di fondo della loro storia e cultura politica non si sono stancati di ripetere a fronte dei miti e delle illusioni della Terza Via di Blair e del Nuovo Centro di Schroeder. Se i partiti di ispirazione socialista e laburista fanno il loro mestiere – cioè difendono i più deboli e lottano per una società più giusta – tutta la vita politica riprende significato, rinascono passione, entusiasmo e speranza, soprattutto fra i giovani, e come avvenuto con Corbyn ritornano anche i consensi. E´ stato significativo ed anche divertente vedere i musi lunghi e sentire i commenti spesso sgangherati dei blairiani inossidabili e dei liberisti tutti. Quelli che accusavano Corbyn, come del resto avevano già fatto con Sanders, di populismo, massimalismo ed estremismo – e magari anche di essere un po´ fuori di testa – e che poi hanno dovuto ripiegare su considerazioni prive di senso del tipo "Blair al suo posto avrebbe vinto". E´ proprio vero, come diceva G. B. Shaw, che nulla spiega meglio il concetto di infinito della stupidità umana. Soprattutto, aggiungo io, quando si unisce alla malafede e al rancore. Va però aggiunto che l´ottimo risultato conseguito è certo merito di Corbyn e di chi lo ha sostenuto, ma è anche dovuto al fatto che il Labour è ancora un grande partito, con tutto quello che ne consegue. Mélenchon, che pure è stato etichettato come populista pur essendo un socialista uscito dal PS, ha dato vita a La France Insoumise, che però non è il Labour. Per la Francia ci si può solo augurare che personaggi nefasti come Hollande e Valls scompaiano definitivamente dalla scena e che i Socialisti, i seguaci di Mélenchon e le altre forze di sinistra sappiano ritrovare un linguaggio ed obiettivi comuni. Macron e il suo partito-movimento sono molto forti come numero di seggi (308 più i 42 di MoDem), ma debolissimi sotto il profilo del consenso (16,55% En Marche e 2,33% MoDem al secondo turno). Si può pertanto ipotizzare che se il neo-Presidente ed il suo governo non faranno uso di saggezza e moderazione, ma cercheranno di imporre un programma di "lacrime e sangue", l´autunno francese non sarà caldo ma rovente. Dissoltosi il timore della grande avanzata dell´estrema destra e rivelatasi fallimentare la subalternità alla linea dell´austerità a senso unico una nuova opportunità si presenta ai compagni francesi. A patto ovviamente che lo capiscano e la sappiano cogliere.
Fonte: di MAURIZIO GIANCOLA