"UN RICORDO DI ENRICO PIERI, PER SEMPRE NELLA SUA SANT'ANNA"
20-12-2021 - AGORA'
“Mi chiamo Pieri Enrico e sono nato a Sant'Anna di Stazzema il 19 aprile 1934. Il 12 agosto 1944 avevo 10 anni, quando i reparti del XVI Battaglione Panzergranadier delle SS salirono nel paese dove vivevo con la mia famiglia. Quel giorno l'odio degli uomini portò via mio padre, mia madre, le mie due sorelle e i miei nonni. Tutti morti nell'eccidio. Mi sono salvato per miracolo nascondendomi in un ripostiglio della casa dei nostri vicini, grazie ad una bambina della famiglia Pierotti. Quel giorno ho perso tutta la mia famiglia, gli amici di gioco, i compagni di scuola. Fu un crimine contro l'Umanità.”
Enrico era solito iniziare così il suo racconto di quel giorno, con grande semplicità, facendo riaffiorare i ricordi di bambino improvvisamente divenuto orfano e testimone di una violenza inaudita. Uno dei bambini che si trovavano a Sant'Anna di Stazzema quel 12 agosto del 1944. Uno dei pochissimi sopravvissuti a quell'orrore.
Enrico era solito iniziare così il suo racconto di quel giorno, con grande semplicità, facendo riaffiorare i ricordi di bambino improvvisamente divenuto orfano e testimone di una violenza inaudita. Uno dei bambini che si trovavano a Sant'Anna di Stazzema quel 12 agosto del 1944. Uno dei pochissimi sopravvissuti a quell'orrore.
Enrico quel giorno si trovava nella cucina della casa dove abitava con i nonni, il papà Natale, mamma Irma e le due sorelle Alice e Luciana. Una casa vicinissima alla piazza della chiesa di quel paesino chiamato Sant'Anna di Stazzema. Voci davano i tedeschi sulla strada che scendeva da Monte Ornato. Pochi attimi e quei nazisti furono alla porta di casa. Trascinarono i Pieri nella vicina abitazione dei Pierotti. Qua una bambina di nome Grazia, nascosta in un ripostiglio, vede Enrico che cerca riparo in mezzo alle fiamme e ai corpi già straziati dei suoi genitori. Lo tira a sé. Riescono a fuggire nell'orto e si nascondono sotto le piante di fagioli. Poi solo spari, urla e un forte acre odore. Le ore si susseguono. Loro ancora e ancora immobili, tra le capanne di piante di fagioli.
Enrico vivrà ancora a Sant'Anna, poi cercherà lavoro emigrando a Berna. Tornerà in paese solo nel 1992. E all'inizio non parla di quel 12 agosto. Non ne vuole parlare. Ma più tardi si rende conto che solo parlando di quei fatti si può rendere un po' di giustizia ai suoi genitori e a chi era con loro su quel sagrato in quel giorno del 1944. Doveva raccontare semplicemente ciò che aveva visto, “perché solo in questo modo si può evitare che riaccada”. E Enrico si ricorda quel terribile giorno. Lo ha impresso nel ricordo delle immagini, negli odori, sotto pelle. E inizia così a raccontare di quello sterminio di 560 persone, quasi tutti donne, bambini e anziani. Quel 12 agosto del 1944. E lo farà per tutta la sua vita.
“Sono un convinto europeo. Sono stato emigrante in Svizzera per 32 anni e so cosa voglia dire essere italiano e discriminato. Per questo riconosco l'importanza dell'Europa unita”. E per il suo impegno aveva ricevuto nel 2011 il Premio di cittadino europeo dell'anno dal Parlamento europeo. Nel 2020 viene nominato Commendatore dell'ordine al merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sempre nel 2020 riceve l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania.
Enrico era presidente dell'Associazione Martiri Sant'Anna Stazzema ed è stato, per tutta la sua vita memoria di quel giorno, raccontandone immagini, rumori e le storie interrotte. E lo faceva non solo agli studenti delle scuole, anche se questi lo rincuoravano, “Perché solo ricordando” diceva “è possibile fare di questi ragazzi dei futuri europei, affinchè non ci sia un'altra Sant'Anna". Aveva donato all'associazione la sua casa di infanzia, la stessa in cui fu sterminata la famiglia, “per favorire incontri e dare spazio alle delegazioni di studenti e ricercatori che si recano a Sant'Anna per informarsi e approfondire la conoscenza storica”.
Enrico ci ha lasciato pochi giorni fa, ed è là che è voluto tornare, in quella casa dove aveva perso tutta la sua famiglia, in quel luogo che è sempre stato davanti ai suoi occhi mentre ricordava, in quel paese che è da molti anni simbolo delle atrocità compiute dal nazifascismo. Pieri in alcune interviste nel 2020 diceva di aver perdonato il popolo tedesco, “ma non l'ideologia nazista”.
E Enrico mancherà, con quel suo modo diretto di parlare e di esprimere la sua opinione. Sempre guardandoti negli occhi. Mancherà la sua voce lenta e pacata, spesso graffiante, mai a dire banalità. Mancherà il suo modo di coinvolgere nel dialogo e di mettersi in discussione. Di ascoltare e di esprimersi con forte sincerità. Resteranno i suoi racconti e resterà il suo voler essere fortemente europeo che crede in una Europa forte e unita.
Fonte: di PATRIZIA VIVIANI
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