"RIDATECI ROBIN HOOD"
21-12-2022 - AGORA'
Abbiamo capito: la manovra di bilancio è nient’altro che una redistribuzione alla rovescia della ricchezza nazionale. Chi non mostra alcun senso civico e rispetto degli altri viene premiato, con tanti saluti alla coesione sociale e al rispetto della Carta costituzionale.
Situazione che non può certo sorprendere, questo modo di agire è il sonno della ragione che ci ha accompagnato in questi anni e ha generato i mostri che ci affliggono. Le disuguaglianze sociali che aumentano, le guerre, la crisi energetica, quella ambientale e la pandemia ci hanno mostrato come la teoria liberista che ci ha accompagnato in questi anni sia stata un clamoroso fallimento e sia servita solo a rafforzare il potere di ristrette élites. Questa iper-concentrazione del capitale ha avuto un effetto negativo sulla democrazia restringendone il perimetro. Il primo impatto è la diminuzione del ruolo dei governi democratici e delle Assemblee elettive. L’aumento dell’astensionismo da un lato e il trasferimento di importanti decisioni a organismi tecnici avulsi da qualsiasi controllo democratico dall’altro sono gli epifenomeni di questo stato di cose. Era il 1992 quando Francis Fukuyama, il politologo statunitense, pubblicò “La fine della storia e l’ultimo uomo”. In questo libro si magnifica la vittoria del capitalismo sul comunismo e quindi un avvenire di pace e di progresso assicurati dal capitalismo e dalla democrazia liberale.
Dopo trent’anni ci accorgiamo che non è stato così, belle parole, ma un continuo equilibrio instabile, ha condannato senza appello le scelte fatte fino ad adesso dalle classi dirigenti sia occidentali che orientali. Il mercato lasciato come unico arbitro dell’efficienza di un sistema ha fallito. Ha fallito soprattutto il suo cieco delirio di onnipotenza. Già nel 2008, a seguito di una crisi finanziaria derivata dalla speculazione interna al mercato finanziario internazionale, i campioni del libero mercato chiesero l’intervento degli stati perché non si arrivasse alla bancarotta. Non contenti di questa performance, con faccia tosta, hanno continuato ad incolpare della responsabilità della crisi che ci ha colpito il welfare, in tutte le sue sfaccettature, e le rigidità, a loro dire, del mercato del lavoro. Quello che è accaduto dallo scoppio della pandemia da COVID-19 in poi ha mostrato che occorre cambiare rapidamente registro ed ha indicato quale strada bisogna percorrere nell’immediato. Il vaccino anti covid è stato il primo importante segnale. Solo grazie al massiccio intervento pubblico è stato possibile disporre in tempi brevissimi di un vaccino (a questo punto sarebbe importante aprire un dibattito sulla liceità del comportamento delle cosiddette big pharma, che incassati i contributi pubblici hanno gestito la distribuzione del farmaco in maniera molto privatistica). Quello che più preoccupa è il problema ambientale. Com’è pensabile che si possa percorrere la strada virtuosa della decarbonizzazione se non si ha presente il ruolo che giocano nei bilanci delle banche e delle altre organizzazioni finanziarie gli assets delle industrie carbonifere, che determinano utili nel sistema finanziario internazionale. Chi se ne farà carico? Non mi sembra che all’orizzonte ci siano privati disposti a rinunciare a questi redditi. Sarà necessario un risoluto intervento degli Stati per cercare di sterilizzare questa imponente massa di titoli e indirizzare la produzione di energia verso forme più sostenibili.
La guerra in Ucraina ha messo in primo piano un’altra leggenda metropolitana circa le funzioni salvifiche dei mercati senza regole. Da anni la Comunità Europea sta cavalcando una politica di libero mercato, al di là di ogni ragionevolezza. In nome di questo principio i paesi membri si sono impiccati all’offerta del gas russo, sperando così di risparmiare ed hanno fatto come le cicale poco previdenti. La Russia invade l’Ucraina e viste le reazioni dell’Europa (spinta soprattutto a sostenere l’Ucraina dalle pressioni degli USA) il Cremlino riduce e poi praticamente sospende le forniture di gas ai paesi europei. Panico a Bruxelles, la Germania non è più in grado di gestire il suo apparato industriale in maniera efficiente. Non è questo quello che ci interessa nel nostro racconto. L’Europa dei soli mercati non ha capito che senza una autonomia energetica reale il suo peso politico è ben poca cosa, eppure nonostante ciò si continua a idolatrare il mercato. Che le cose stiano cambiando è dimostrato dalla recente presa di posizione del Presidente degli USA Joe Biden che ha proposto una serie di interventi federali diretti ad aiutare l’industria americana. L’Europa, invece di cercare di impostare una credibile politica industriale, ha innalzato le insegne del libero scambio. Coraggio, fra poco quella che era stata una delle più innovative idee del secondo dopoguerra, l’Europa unita, rischia di dissolversi. Gli scandali di queste ore, come quello incomprensibile sul Qatar, denotano come un’organizzazione che non abbia un controllo democratico, l’accountability non serve a niente, è destinata a correre rischi di autodistruzione.
In Italia per la sinistra mala tempora currunt et peiora premunt. Non tanto per il fantozziano dibattito nel congresso del PD, quanto per alcuni comportamenti, penalmente irrilevanti, ma che danno la cifra dell’abbandono culturale e politico in cui versa la sinistra. Due ex Primi Ministri provenienti entrambi dal centro sinistra, Massimo d’Alema, balzato agli onori della cronaca per la sua attività di consulente di vari paesi, fra cui il Qatar e il Marocco, e Matteo Renzi consulente dell’Arabia Saudita. I due hanno posizioni del tutto lecite, il loro comportamento dimostra, però, che la loro militanza non era al servizio del bene comune ma al servizio di loro stessi. Ciò necessita una rideterminazione delle politiche e dei comportamenti morali degli uomini politici che si dicono di sinistra.
Invece di blaterare fra orfani del marxismo d’antan e cultori del potere fine a sé stesso, i dirigenti del PD dovrebbero fare una delegazione e andare nella foresta di Sherwood a rintracciare Robin Hood, che come è noto rubava ai ricchi per restituire ai poveri le tasse maltolte dallo Sceriffo di Nottingham.
Situazione che non può certo sorprendere, questo modo di agire è il sonno della ragione che ci ha accompagnato in questi anni e ha generato i mostri che ci affliggono. Le disuguaglianze sociali che aumentano, le guerre, la crisi energetica, quella ambientale e la pandemia ci hanno mostrato come la teoria liberista che ci ha accompagnato in questi anni sia stata un clamoroso fallimento e sia servita solo a rafforzare il potere di ristrette élites. Questa iper-concentrazione del capitale ha avuto un effetto negativo sulla democrazia restringendone il perimetro. Il primo impatto è la diminuzione del ruolo dei governi democratici e delle Assemblee elettive. L’aumento dell’astensionismo da un lato e il trasferimento di importanti decisioni a organismi tecnici avulsi da qualsiasi controllo democratico dall’altro sono gli epifenomeni di questo stato di cose. Era il 1992 quando Francis Fukuyama, il politologo statunitense, pubblicò “La fine della storia e l’ultimo uomo”. In questo libro si magnifica la vittoria del capitalismo sul comunismo e quindi un avvenire di pace e di progresso assicurati dal capitalismo e dalla democrazia liberale.
Dopo trent’anni ci accorgiamo che non è stato così, belle parole, ma un continuo equilibrio instabile, ha condannato senza appello le scelte fatte fino ad adesso dalle classi dirigenti sia occidentali che orientali. Il mercato lasciato come unico arbitro dell’efficienza di un sistema ha fallito. Ha fallito soprattutto il suo cieco delirio di onnipotenza. Già nel 2008, a seguito di una crisi finanziaria derivata dalla speculazione interna al mercato finanziario internazionale, i campioni del libero mercato chiesero l’intervento degli stati perché non si arrivasse alla bancarotta. Non contenti di questa performance, con faccia tosta, hanno continuato ad incolpare della responsabilità della crisi che ci ha colpito il welfare, in tutte le sue sfaccettature, e le rigidità, a loro dire, del mercato del lavoro. Quello che è accaduto dallo scoppio della pandemia da COVID-19 in poi ha mostrato che occorre cambiare rapidamente registro ed ha indicato quale strada bisogna percorrere nell’immediato. Il vaccino anti covid è stato il primo importante segnale. Solo grazie al massiccio intervento pubblico è stato possibile disporre in tempi brevissimi di un vaccino (a questo punto sarebbe importante aprire un dibattito sulla liceità del comportamento delle cosiddette big pharma, che incassati i contributi pubblici hanno gestito la distribuzione del farmaco in maniera molto privatistica). Quello che più preoccupa è il problema ambientale. Com’è pensabile che si possa percorrere la strada virtuosa della decarbonizzazione se non si ha presente il ruolo che giocano nei bilanci delle banche e delle altre organizzazioni finanziarie gli assets delle industrie carbonifere, che determinano utili nel sistema finanziario internazionale. Chi se ne farà carico? Non mi sembra che all’orizzonte ci siano privati disposti a rinunciare a questi redditi. Sarà necessario un risoluto intervento degli Stati per cercare di sterilizzare questa imponente massa di titoli e indirizzare la produzione di energia verso forme più sostenibili.
La guerra in Ucraina ha messo in primo piano un’altra leggenda metropolitana circa le funzioni salvifiche dei mercati senza regole. Da anni la Comunità Europea sta cavalcando una politica di libero mercato, al di là di ogni ragionevolezza. In nome di questo principio i paesi membri si sono impiccati all’offerta del gas russo, sperando così di risparmiare ed hanno fatto come le cicale poco previdenti. La Russia invade l’Ucraina e viste le reazioni dell’Europa (spinta soprattutto a sostenere l’Ucraina dalle pressioni degli USA) il Cremlino riduce e poi praticamente sospende le forniture di gas ai paesi europei. Panico a Bruxelles, la Germania non è più in grado di gestire il suo apparato industriale in maniera efficiente. Non è questo quello che ci interessa nel nostro racconto. L’Europa dei soli mercati non ha capito che senza una autonomia energetica reale il suo peso politico è ben poca cosa, eppure nonostante ciò si continua a idolatrare il mercato. Che le cose stiano cambiando è dimostrato dalla recente presa di posizione del Presidente degli USA Joe Biden che ha proposto una serie di interventi federali diretti ad aiutare l’industria americana. L’Europa, invece di cercare di impostare una credibile politica industriale, ha innalzato le insegne del libero scambio. Coraggio, fra poco quella che era stata una delle più innovative idee del secondo dopoguerra, l’Europa unita, rischia di dissolversi. Gli scandali di queste ore, come quello incomprensibile sul Qatar, denotano come un’organizzazione che non abbia un controllo democratico, l’accountability non serve a niente, è destinata a correre rischi di autodistruzione.
In Italia per la sinistra mala tempora currunt et peiora premunt. Non tanto per il fantozziano dibattito nel congresso del PD, quanto per alcuni comportamenti, penalmente irrilevanti, ma che danno la cifra dell’abbandono culturale e politico in cui versa la sinistra. Due ex Primi Ministri provenienti entrambi dal centro sinistra, Massimo d’Alema, balzato agli onori della cronaca per la sua attività di consulente di vari paesi, fra cui il Qatar e il Marocco, e Matteo Renzi consulente dell’Arabia Saudita. I due hanno posizioni del tutto lecite, il loro comportamento dimostra, però, che la loro militanza non era al servizio del bene comune ma al servizio di loro stessi. Ciò necessita una rideterminazione delle politiche e dei comportamenti morali degli uomini politici che si dicono di sinistra.
Invece di blaterare fra orfani del marxismo d’antan e cultori del potere fine a sé stesso, i dirigenti del PD dovrebbero fare una delegazione e andare nella foresta di Sherwood a rintracciare Robin Hood, che come è noto rubava ai ricchi per restituire ai poveri le tasse maltolte dallo Sceriffo di Nottingham.
Fonte: di Enno Ghiandelli