"LA CONSULTAZIONE ELETTORALE MENO PARTECIPATA NELLA STORIA DELL'ITALIA REPUBBLICANA"
26-09-2022 - AGORA'
L’autunno appena iniziato non è stato portatore di novità positive. Le elezioni del 25 settembre hanno confermato il trend negativo relativo all’astensionismo: solo il 63,9% degli aventi diritto al voto si è recato alle urne, con un calo del 9% rispetto la precedente consultazione del 2018.
Sebbene in Italia votare oltre a un diritto inviolabile sia un “dovere inderogabile di solidarietà politica”, la diserzione dalle urne, a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso, è cresciuta sistematicamente di tornata in tornata, fino a divenire oggi la prima “forza” del Paese.
Oltre 16,5 milioni di elettori assenti, un calo significativo, predetto dai maggiori Istituti di ricerca demoscopici che avevano stimato l’astensionismo per questa competizione elettorale in una forbice compresa fra il 35% e il 38%. In particolare registravano un’ampia percentuale di elettori che non avrebbero partecipato al voto nella fascia di età dei più giovani (18-24 anni): secondo la rilevazione dell’Istituto Pepoli di metà settembre meno di 1 giovane su 2 sarebbe andato a votare.
Il bacino elettorale giovanile a seguito della recente riforma dell’elettorato attivo per il Senato (l. cost. 1/2021) che riduce il limite di età per gli elettori del Senato da 25 a 18 anni uniformandone l’elettorato attivo a quello già previsto per la Camera dei Deputati si è ampliato raggiungendo quasi 5 milioni di potenziali elettori altamente de-ideologizzati.
I principali leader degli schieramenti in campo, anche nel tentativo di ribaltare risultati elettorali che sembravano in parte scritti, hanno cercato con maggiore intensità di intercettare il loro voto individuando nuovi canali comunicativi per dialogare e confrontarsi. Da anni presenti sui principali social network (Facebook, Twitter e Instagram) hanno creato account sul social più utilizzato dalla Generazione Z, Tik Tok, con tentativi comunicativi zoppicanti, in quanto non rispettosi della “grammatica” della piattaforma cinese digitale. Il risultato è stato l’aumento di visibilità e popolarità del candidato senza, però, l’instaurazione di alcun rapporto di fiducia con l’elettorato giovane, il quale, conseguentemente, si è allontanato ancor di più dal mondo della politica decidendo razionalmente di non prendere parte attiva alla elaborazione degli indirizzi politici e ai processi decisionali fondamentali per la vita del sistema democratico.
In una campagna elettorale lampo in cui abbiamo assistito più che a dibattiti su programmi elettorali articolati con una visione di medio-lungo termine ad un eccessivo protagonismo dei leader e ad un posizionamento polarizzante su temi, le issue relative al futuro dei giovani e gli argomenti a loro cari, fra cui ambiente e cambiamento climatico, qualità della istruzione, sono stati affrontati dall’agenda politica marginalmente.
Non solo giovani generazioni alle prese per la prima volta con il voto o laureati che si affacciano sul mondo del lavoro. Fra i possibili rinunciatari all’espressione del voto figuravano anche gli over 50 a caccia di azioni concrete per fronteggiare il caro energia, l’inflazione nominale all’8-9% e la domanda di protezione sociale. Una unica speranza era condivisa indistintamente ovvero che in diversi, facendosi guidare dal meccanismo della “comunicazione a doppio stadio”, decidessero all’ultimo momento se dare ascolto agli accorati appelli alla partecipazione da parte di partiti, mass media, intellettuali e opinionisti, sostenendo la coalizione considerata vincente dai sondaggi, “bandwagon effect”, o evitando che l’affermazione di uno schieramento distante da sé per programmi o identità politica coincida con l’umiliazione dell’altro, “underdog effect”.
Sul fenomeno dell’astensionismo reale vari sono i fattori soggettivi e oggettivi che incidono fra i quali i sentimenti di protesta e di indifferenza dei cittadini nei confronti della politica, il mancato equilibrio nel mercato elettorale fra la domanda degli elettori desiderosi di un brand politico in grado di far breccia sulla componente emotiva e cognitiva e l’offerta dei partiti, e, non da ultimo, il sistema elettorale. L’attuale legge elettorale, combinata con la drastica riduzione del corpo parlamentare a seguito della legge costituzionale n. 1/2020, espropria l’elettore della possibilità di scegliere il proprio rappresentante. Il buon funzionamento della democrazia, la fiducia di cittadini nelle istituzioni democratiche e la loro rappresentatività effettiva dipendono in primis dalla partecipazione dei cittadini al voto. È la partecipazione democratica infatti che legittima le istituzioni assicurando la derivazione dalla sovranità popolare.
I messaggi di sfiducia e depoliticizzazione provenienti dall’elettorato sono chiari e devono essere recepiti al più presto. In questo scenario di diffusività e incremento del fenomeno astensionistico destinato nel futuro ad avanzare nel trend negativo, le istituzioni pubbliche sono chiamate, oggi ancor più che in passato, a sostenere, agevolare e favorire la partecipazione dei cittadini alle consultazioni elettorali intervenendo nel rispetto della Costituzione sui fattori alla base della non espressione del voto involontaria ovvero di quanti svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio universitari in luoghi diversi dalla provincia di residenza, circa 4.9 milioni, e promuovendo, anche con campagne informative, la partecipazione attiva dei cittadini.
Sebbene in Italia votare oltre a un diritto inviolabile sia un “dovere inderogabile di solidarietà politica”, la diserzione dalle urne, a partire dai primi anni Ottanta del secolo scorso, è cresciuta sistematicamente di tornata in tornata, fino a divenire oggi la prima “forza” del Paese.
Oltre 16,5 milioni di elettori assenti, un calo significativo, predetto dai maggiori Istituti di ricerca demoscopici che avevano stimato l’astensionismo per questa competizione elettorale in una forbice compresa fra il 35% e il 38%. In particolare registravano un’ampia percentuale di elettori che non avrebbero partecipato al voto nella fascia di età dei più giovani (18-24 anni): secondo la rilevazione dell’Istituto Pepoli di metà settembre meno di 1 giovane su 2 sarebbe andato a votare.
Il bacino elettorale giovanile a seguito della recente riforma dell’elettorato attivo per il Senato (l. cost. 1/2021) che riduce il limite di età per gli elettori del Senato da 25 a 18 anni uniformandone l’elettorato attivo a quello già previsto per la Camera dei Deputati si è ampliato raggiungendo quasi 5 milioni di potenziali elettori altamente de-ideologizzati.
I principali leader degli schieramenti in campo, anche nel tentativo di ribaltare risultati elettorali che sembravano in parte scritti, hanno cercato con maggiore intensità di intercettare il loro voto individuando nuovi canali comunicativi per dialogare e confrontarsi. Da anni presenti sui principali social network (Facebook, Twitter e Instagram) hanno creato account sul social più utilizzato dalla Generazione Z, Tik Tok, con tentativi comunicativi zoppicanti, in quanto non rispettosi della “grammatica” della piattaforma cinese digitale. Il risultato è stato l’aumento di visibilità e popolarità del candidato senza, però, l’instaurazione di alcun rapporto di fiducia con l’elettorato giovane, il quale, conseguentemente, si è allontanato ancor di più dal mondo della politica decidendo razionalmente di non prendere parte attiva alla elaborazione degli indirizzi politici e ai processi decisionali fondamentali per la vita del sistema democratico.
In una campagna elettorale lampo in cui abbiamo assistito più che a dibattiti su programmi elettorali articolati con una visione di medio-lungo termine ad un eccessivo protagonismo dei leader e ad un posizionamento polarizzante su temi, le issue relative al futuro dei giovani e gli argomenti a loro cari, fra cui ambiente e cambiamento climatico, qualità della istruzione, sono stati affrontati dall’agenda politica marginalmente.
Non solo giovani generazioni alle prese per la prima volta con il voto o laureati che si affacciano sul mondo del lavoro. Fra i possibili rinunciatari all’espressione del voto figuravano anche gli over 50 a caccia di azioni concrete per fronteggiare il caro energia, l’inflazione nominale all’8-9% e la domanda di protezione sociale. Una unica speranza era condivisa indistintamente ovvero che in diversi, facendosi guidare dal meccanismo della “comunicazione a doppio stadio”, decidessero all’ultimo momento se dare ascolto agli accorati appelli alla partecipazione da parte di partiti, mass media, intellettuali e opinionisti, sostenendo la coalizione considerata vincente dai sondaggi, “bandwagon effect”, o evitando che l’affermazione di uno schieramento distante da sé per programmi o identità politica coincida con l’umiliazione dell’altro, “underdog effect”.
Sul fenomeno dell’astensionismo reale vari sono i fattori soggettivi e oggettivi che incidono fra i quali i sentimenti di protesta e di indifferenza dei cittadini nei confronti della politica, il mancato equilibrio nel mercato elettorale fra la domanda degli elettori desiderosi di un brand politico in grado di far breccia sulla componente emotiva e cognitiva e l’offerta dei partiti, e, non da ultimo, il sistema elettorale. L’attuale legge elettorale, combinata con la drastica riduzione del corpo parlamentare a seguito della legge costituzionale n. 1/2020, espropria l’elettore della possibilità di scegliere il proprio rappresentante. Il buon funzionamento della democrazia, la fiducia di cittadini nelle istituzioni democratiche e la loro rappresentatività effettiva dipendono in primis dalla partecipazione dei cittadini al voto. È la partecipazione democratica infatti che legittima le istituzioni assicurando la derivazione dalla sovranità popolare.
I messaggi di sfiducia e depoliticizzazione provenienti dall’elettorato sono chiari e devono essere recepiti al più presto. In questo scenario di diffusività e incremento del fenomeno astensionistico destinato nel futuro ad avanzare nel trend negativo, le istituzioni pubbliche sono chiamate, oggi ancor più che in passato, a sostenere, agevolare e favorire la partecipazione dei cittadini alle consultazioni elettorali intervenendo nel rispetto della Costituzione sui fattori alla base della non espressione del voto involontaria ovvero di quanti svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio universitari in luoghi diversi dalla provincia di residenza, circa 4.9 milioni, e promuovendo, anche con campagne informative, la partecipazione attiva dei cittadini.
Fonte: di Loredana Nuzzolese