"LA CAMPAGNA SOCIAL PER LE ELEZIONI POLITICHE 2022"
24-10-2022 - AGORA'
L'arena più attiva e indipendente che i partiti hanno a disposizione, fondamentale per il dibattito pubblico e la competizione elettorale è quella social. Nella recente campagna elettorale per l'elezione della XIX legislatura italiana, i leader di ogni schieramento hanno fatto un uso intenso dei principali canali comunicativi digitali. Complice la brevità della campagna elettorale e il suo svolgersi in un periodo finora inedito, quello estivo, allorquando gran parte della popolazione sta trascorrendo le ferie e la programmazione televisiva non è ancora in pieno regime, i leader si sono sfidati a colpi di post, tweet, accuse e liti social, utilizzando una strategia comunicativa differente per portare a casa la posta in gioco ossia la guida del Paese.
Di fatto, in un clima in cui il quadro politico sembrava fin dall'inizio favorevole al centrodestra e, in particolare, al partito dato per primo, Fratelli d'Italia, la corsa elettorale è stata meno dinamica.
Fra gli aspetti che hanno accomunato tutti i partiti vi è stata la decisione di non ricorrere al tradizionale spot politico elettorale, lasciare quasi vuote le bacheche pubbliche per “l'affissione degli stampati, dei giornali murali e dei manifesti” e impiegare i social network, come sostiene il sociologo Edoardo Novelli, quali megafoni digitali. Sul web si è assistito infatti ad una comunicazione non più dialogica bensì unidirezionale, dall'alto verso il basso, priva di ascolto e confronto con la propria community, a cui solitamente vengono dedicate attenzioni e risorse. I follower, dunque, non sono stati considerati come interlocutori attivi e persino critici, ma come dei destinatari di decisioni già prese o di domande che accentuano la già esistente polarizzazione in una lotta incessante fra “noi” e “loro”.
Le piattaforme digitali al quale è stato fatto ricorso sono state Facebook, Twitter e Instagram e, nell'ottica di coinvolgere la Generazione Z, Tik Tok. Prima dell'avvio della campagna elettorale solo Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte, erano già presenti sulla piattaforma cinese. In seguito hanno creato un account anche Carlo Calenda, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e il Partito Democratico.
Per raggiungere un pubblico vasto, quello dei grandi numeri oltre il proprio di riferimento, Facebook si è confermato il social più adatto e affidabile. È proprio qui che tutte le organizzazioni partitiche, finanche il Movimento Cinque Stelle guidato Giuseppe Conte, hanno fatto ricorso alle sponsorizzazioni ovvero la promozione a pagamento dei contenuti creati. I dati pubblicati da Meta, la società che controlla Facebook e Instagram, rivelano cifre stanziate di diversa entità. Sul podio troviamo Fratelli d'Italia, che nelle sue due pagine Facebook di riferimento, Fratelli d'Italia e Giorgia Meloni, per l'intero mese di campagna elettorale ha investito complessivamente 140 mila euro (119 mila per Fratelli di Italia e 21 mila euro per quella personale di Giorgia Meloni). Gli altri partiti in campo hanno effettuato una spesa social molto più ridimensionata: 60.409 euro per Coraggio Italia, poco meno di 47 mila euro per il Partito Democratico, 23 mila euro per il Movimento Cinque Stelle che ha maturato l'investimento nella sola ultima settimana proprio a ridosso del voto, 11 mila euro per Impegno Civico di Luigi di Maio e poco più di 10 mila euro per Forza Italia.
Certamente la popolarità e il consenso dei candidati sui social non si traducono automaticamente in voti elettorali, tuttavia, permettono, in parte, di avere misura dei sentimenti prevalenti nel Paese e scegliere la direzione verso cui andare. Una realtà di fatto e sempre più consolidata è quella rivestita dalla platform leadership. La rete costituisce il fulcro dell'organizzazione e della comunicazione della classe politica. Con meccanismi digitali di conquista di consenso, i “leader social” costruiscono un rapporto immediato con l'elettorato catalizzando l'identificazione collettiva. Il rapporto micro-personale fra leader e cittadino-utente viene così alimentato dall'onnipresenza mediatica che si sviluppa sui media.
Di fatto, in un clima in cui il quadro politico sembrava fin dall'inizio favorevole al centrodestra e, in particolare, al partito dato per primo, Fratelli d'Italia, la corsa elettorale è stata meno dinamica.
Fra gli aspetti che hanno accomunato tutti i partiti vi è stata la decisione di non ricorrere al tradizionale spot politico elettorale, lasciare quasi vuote le bacheche pubbliche per “l'affissione degli stampati, dei giornali murali e dei manifesti” e impiegare i social network, come sostiene il sociologo Edoardo Novelli, quali megafoni digitali. Sul web si è assistito infatti ad una comunicazione non più dialogica bensì unidirezionale, dall'alto verso il basso, priva di ascolto e confronto con la propria community, a cui solitamente vengono dedicate attenzioni e risorse. I follower, dunque, non sono stati considerati come interlocutori attivi e persino critici, ma come dei destinatari di decisioni già prese o di domande che accentuano la già esistente polarizzazione in una lotta incessante fra “noi” e “loro”.
Le piattaforme digitali al quale è stato fatto ricorso sono state Facebook, Twitter e Instagram e, nell'ottica di coinvolgere la Generazione Z, Tik Tok. Prima dell'avvio della campagna elettorale solo Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte, erano già presenti sulla piattaforma cinese. In seguito hanno creato un account anche Carlo Calenda, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e il Partito Democratico.
Per raggiungere un pubblico vasto, quello dei grandi numeri oltre il proprio di riferimento, Facebook si è confermato il social più adatto e affidabile. È proprio qui che tutte le organizzazioni partitiche, finanche il Movimento Cinque Stelle guidato Giuseppe Conte, hanno fatto ricorso alle sponsorizzazioni ovvero la promozione a pagamento dei contenuti creati. I dati pubblicati da Meta, la società che controlla Facebook e Instagram, rivelano cifre stanziate di diversa entità. Sul podio troviamo Fratelli d'Italia, che nelle sue due pagine Facebook di riferimento, Fratelli d'Italia e Giorgia Meloni, per l'intero mese di campagna elettorale ha investito complessivamente 140 mila euro (119 mila per Fratelli di Italia e 21 mila euro per quella personale di Giorgia Meloni). Gli altri partiti in campo hanno effettuato una spesa social molto più ridimensionata: 60.409 euro per Coraggio Italia, poco meno di 47 mila euro per il Partito Democratico, 23 mila euro per il Movimento Cinque Stelle che ha maturato l'investimento nella sola ultima settimana proprio a ridosso del voto, 11 mila euro per Impegno Civico di Luigi di Maio e poco più di 10 mila euro per Forza Italia.
Certamente la popolarità e il consenso dei candidati sui social non si traducono automaticamente in voti elettorali, tuttavia, permettono, in parte, di avere misura dei sentimenti prevalenti nel Paese e scegliere la direzione verso cui andare. Una realtà di fatto e sempre più consolidata è quella rivestita dalla platform leadership. La rete costituisce il fulcro dell'organizzazione e della comunicazione della classe politica. Con meccanismi digitali di conquista di consenso, i “leader social” costruiscono un rapporto immediato con l'elettorato catalizzando l'identificazione collettiva. Il rapporto micro-personale fra leader e cittadino-utente viene così alimentato dall'onnipresenza mediatica che si sviluppa sui media.
Fonte: di Loredana Nuzzolese