"LA REPUBBLICA DEL MELODRAMMA" di Paolo Bagnoli
19-12-2021 - EDITORIALE
L’anno si chiude imploso negli affanni nelle ansie per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Assistiamo a una rappresentazione che ci dice come la bussola sia smarrita e, quindi, tutto può essere possibile dal momento che occorre un accordo tra schieramenti nei quali nessuno ha una preminenza di guida e con un gruppo parlamentare misto che ,con oltre cento aderenti, è una specie di legione straniera di senza patria, trasformisti e confusi, la maggior parte dei quali ha un suo preminente problema personale da far valere e dal quale, possibilmente trarne un qualche profitto. Silvio Berlusconi lo sa bene e, da uomo di sperimentata esperienza in operazioni di arruolamento, si è messo in moto. Ci auguriamo, tuttavia, per una residua salvaguardia della dignità pubblica di questo nostro Paese, che la moto si guasti perché se, per malaugurata sorte, dovesse divenire presidente della Repubblica, al di là di ogni considerazione morale – che non è poi cosa di poco conto – quanto in termini di credibilità e di serietà si è acquisito con la figura di Mario Draghi a livello internazionale andrebbe in fumo.
La modestia, per non dire il vuoto, di una classe politica all’altezza della situazione si palesa giorno dopo giorno con sempre maggiore forza. Aveva ragione Gaetano Mosca, di cui ricorre l’ottantesimo della morte, quando affermava: ”Un Paese guidato da modesti si suicida”. Ora si ha, ancora una volta, la riprova di ciò che causa la mancanza di partiti politici: in primis, il vuoto di classe politica; sia di governo che di opposizione.
La riduzione del sistema democratico a mero duro confronto per il governo ha finito per spappolarne la funzione sia perché non genera “politica”, quella vera intendiamo,sia perché senza idealità e identità e capacità di costruire e rappresentare blocchi sociali e interpretazioni culturali,la democrazia perde essa stessa identità storica e capacità progettuale. E le sedi proprie dal progetto politico sono i partiti e su questi si forma e matura la classe politica che – Guido Dorso docet – è questione ben diversa dalla classe dirigente.
Mario Draghi e prima di lui Carlo Azeglio Ciampi si sono rivelati capaci di essere classe politica dopo aver dimostrato di essere alta classe dirigente formatasi nella fucina della Banca d’Italia, L’istituto, un tempo d’emissione, si è dimostrato di essere una istituzione forte e portante in un Paese fragile come il nostro; in un certo senso una riserva per il governo della Repubblica anche se non tutti i suoi prodotti, se così si può dire, hanno la medesima qualità e lo abbiamo visto perché di Presidenti del Consiglio provenienti da via Nazionale qualche altro c’è stato, ma in nulla e per nulla paragonabile a Ciampi o a Draghi.
Ridar vita a un processo formativo della classe politica significa, quindi, ridar vita ai partiti, riaffrontare il problema delle culture politiche, reimmettere i processi ideologici nel meccanismo costruttivo del farsi democratico, attingere nel pubblico operare allo spirito repubblicano che incarna la Costituzione. Paese del melodramma, oggi noi assistiamo a quello della politica e un Paese che si regge solo sull’autorevolezza del suo Presidente del Consiglio – diversa è la questione concernente la politica del governo; infatti sulla questione fiscale CGIL e UIL hanno pienamente ragione – non è destinato a procedere lontano anche se il PNRR è divenuta la parola magica che tutto dovrebbe cambiare. Sinceramente lo speriamo, ma altrettanto ne dubitiamo.
Sergio Mattarella è l’altro pilone che regge la situazione. All’inaugurazione della stagione della Scala di Milano il pubblico lì presente ha chiesto, con prolungata insistenza e sicuramente con sincerità d’animo, che non si ritirasse e facesse il bis. E’ stato un bel riconoscimento oramai a poche settimane dall’addio al Palazzo del Quirinale di cui Mattarella può essere fiero; il riconoscimento di un servizio reso al Paese anche se, come per tutti, anche il suo settennato qualche scartamento lo ha avuto. Così, mentre appreziamo i sentimenti del pubblico milanese diciamo, con franchezza, che anche quella bella manifestazione di affetto e di speranza verso Mattarella, è stata una conferma della crisi della politica democratica le cui sorti non possono essere affidate a una singola personalità, sia essa Mattarella o Draghi, bensì a un sistema.
L’argine al disordine sociale e alla mancanza di tenuta di tanti comparti istituzionali è questione che riguarda il complesso del sistema ed è naturalmente augurabile che in esso ci siano personalità le quali, in ruoli di primo piano e di grande responsabilità, rappresentino una garanzia pubblica a ogni livello. Ma un singolo non può sostituire un sistema; può esserne argine sicuramente, ma alla fine se il sistema è tarlato non c’è grande personalità che tenga; l’insieme si sbriciola.
Noi non uniamo la nostra minoritaria voce alle tante che riempiono i retroscena dei giornali parlando, farneticando e sproloquiando su cosa avverrà o cosa si presume accadrà. E’ la politica dei mediocri; la recita del melodramma mentre la questione della Repubblica è molto seria e richiederebbe tutt’altri comportamenti.
La modestia, per non dire il vuoto, di una classe politica all’altezza della situazione si palesa giorno dopo giorno con sempre maggiore forza. Aveva ragione Gaetano Mosca, di cui ricorre l’ottantesimo della morte, quando affermava: ”Un Paese guidato da modesti si suicida”. Ora si ha, ancora una volta, la riprova di ciò che causa la mancanza di partiti politici: in primis, il vuoto di classe politica; sia di governo che di opposizione.
La riduzione del sistema democratico a mero duro confronto per il governo ha finito per spappolarne la funzione sia perché non genera “politica”, quella vera intendiamo,sia perché senza idealità e identità e capacità di costruire e rappresentare blocchi sociali e interpretazioni culturali,la democrazia perde essa stessa identità storica e capacità progettuale. E le sedi proprie dal progetto politico sono i partiti e su questi si forma e matura la classe politica che – Guido Dorso docet – è questione ben diversa dalla classe dirigente.
Mario Draghi e prima di lui Carlo Azeglio Ciampi si sono rivelati capaci di essere classe politica dopo aver dimostrato di essere alta classe dirigente formatasi nella fucina della Banca d’Italia, L’istituto, un tempo d’emissione, si è dimostrato di essere una istituzione forte e portante in un Paese fragile come il nostro; in un certo senso una riserva per il governo della Repubblica anche se non tutti i suoi prodotti, se così si può dire, hanno la medesima qualità e lo abbiamo visto perché di Presidenti del Consiglio provenienti da via Nazionale qualche altro c’è stato, ma in nulla e per nulla paragonabile a Ciampi o a Draghi.
Ridar vita a un processo formativo della classe politica significa, quindi, ridar vita ai partiti, riaffrontare il problema delle culture politiche, reimmettere i processi ideologici nel meccanismo costruttivo del farsi democratico, attingere nel pubblico operare allo spirito repubblicano che incarna la Costituzione. Paese del melodramma, oggi noi assistiamo a quello della politica e un Paese che si regge solo sull’autorevolezza del suo Presidente del Consiglio – diversa è la questione concernente la politica del governo; infatti sulla questione fiscale CGIL e UIL hanno pienamente ragione – non è destinato a procedere lontano anche se il PNRR è divenuta la parola magica che tutto dovrebbe cambiare. Sinceramente lo speriamo, ma altrettanto ne dubitiamo.
Sergio Mattarella è l’altro pilone che regge la situazione. All’inaugurazione della stagione della Scala di Milano il pubblico lì presente ha chiesto, con prolungata insistenza e sicuramente con sincerità d’animo, che non si ritirasse e facesse il bis. E’ stato un bel riconoscimento oramai a poche settimane dall’addio al Palazzo del Quirinale di cui Mattarella può essere fiero; il riconoscimento di un servizio reso al Paese anche se, come per tutti, anche il suo settennato qualche scartamento lo ha avuto. Così, mentre appreziamo i sentimenti del pubblico milanese diciamo, con franchezza, che anche quella bella manifestazione di affetto e di speranza verso Mattarella, è stata una conferma della crisi della politica democratica le cui sorti non possono essere affidate a una singola personalità, sia essa Mattarella o Draghi, bensì a un sistema.
L’argine al disordine sociale e alla mancanza di tenuta di tanti comparti istituzionali è questione che riguarda il complesso del sistema ed è naturalmente augurabile che in esso ci siano personalità le quali, in ruoli di primo piano e di grande responsabilità, rappresentino una garanzia pubblica a ogni livello. Ma un singolo non può sostituire un sistema; può esserne argine sicuramente, ma alla fine se il sistema è tarlato non c’è grande personalità che tenga; l’insieme si sbriciola.
Noi non uniamo la nostra minoritaria voce alle tante che riempiono i retroscena dei giornali parlando, farneticando e sproloquiando su cosa avverrà o cosa si presume accadrà. E’ la politica dei mediocri; la recita del melodramma mentre la questione della Repubblica è molto seria e richiederebbe tutt’altri comportamenti.