"NO! ANCHE PER NOI LE RADICI NON GELANO" di Paolo Bagnoli
25-11-2023 - EDITORIALE
Che i fratelli e le sorelle d'Italia amino Tolkien non è certo una novità. D'altro canto non piace solo a loro e poi Tolkien non aveva certo affinità ideologiche con gli almirantiani dei nostri tempi. Il ministro Sangiuliano è il possessore dell'anello della ricostruzione nazionale; di cosa sia culturalmente l'Italia; vale a dire, di quali siano le radici del Paese in quanto nazione e su Tolkien ha promosso una mostra alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Un'iniziativa che, al pari di tutte le mostre, non ha niente di criticabile, ma si tratta di un'esposizione che, politicamente, contiene un messaggio subliminale poiché Tolkien è quello che ha scritto: “le radici non gelano”. Ecco quanto interessa ai governanti, ecco il messaggio che sta loro a cuore. Ora, poiché tutti conoscono le radici di Fratelli d'Italia nessuno si faccia, quindi, illusioni: anch'esse non gelano, se mai qualcuno lo avesse dubitato.
E' naturale che ognuno abbia le proprie radici. Noi abbiamo le nostre nel socialismo rosselliano, nell'esperienza giellista e azionista e le dichiariamo con orgoglio. Esse indicano, naturalmente, una precisa idea dell' Italia; sono radici che non gelano. Diverso è il “gelo” dei tolkian-almirantiani in quanto le loro, di radici, affondano in quel di Salò. Il loro albero si chiama Giorgio Almirante; il nostro Ferruccio Parri. E' naturale che ciò crei imbarazzo. Così si aggira il problema ricorrendo a Tolkien che si trasfigura pure in un certo esoterismo che è sempre un qualcosa che piace alla destra. Insomma, come dicevano i latini, quis habet aures audiendi audiat!
In fondo, l'intenzione di cambiare la forma costituzionale dello Stato, rientra in questo grande anello per dare all'Italia una postura autoritativa del potere politico.
La presidente del consiglio, infatti, sia per dare forza a un governo che è strutturalmente debole e di basso profilo, sia per cercare di uscire dall'incubo di un accerchiamento che potrebbe farla cadere, ha lanciato la parola d' ordine :terza repubblica. In Parlamento è arrivato un disegno di legge che è limitativo definire un pasticcio in quanto è un vero e proprio non sense costituzionale. Il prof. Enzo Cheli, costituzionalista eminente e vice-presidente onorario della Corte, ha definito il principio del premierato “incostituzionale” in quanto avverso all'articolo uno della Carta.
Se ritenessimo la compagine di destra animata da una fine furbizia potremmo ritenere che essa ha agito così per chiudere gli oppositori in una trappola: in una specie di pallacorda tecnica. Constatiamo con sorpresa e amarezza che è quanto avviene poiché, fino a ora, le osservazioni riguardano il tecnicismo istituzionale. Nessuno, infatti, sfiora la questione storica e culturale che il solo parlare di terza repubblica pone. Se il problema del perché l'Italia ha questa Costituzione non interessa nessuno allora, comunque vada a finire, vuol dire che la coscienza collettiva del Paese ha perso la memoria dell'antifascismo, delle radici della Carta e delle sue caratteristiche programmatiche, con la centralità del Parlamento e l'insostituibile ruolo dei partiti.
Dietro la parola d'ordine della terza repubblica c'è un'intenzione che riguarda il cambio di paradigma della storia italiana: che finalmente non si possa più affermare che la Repubblica e la Costituzione sono il frutto dell'antifascismo; che la vicenda complessiva del Paese ha un nuovo inizio all'insegna del concetto “vago e indefinito” di nazione; una nuova stagione all'insegna della stabilità, ossia su una sonora bugia perché è vero che abbiamo avuto molti governi, ma la stabilità della Repubblica è sempre rimasta intatta e, nel caso della lotta al terrorismo proprio la tenuta dell'arco costituzionale permise alla Repubblica di venirne fuori. La debolezza riguarda la politica non le istituzioni.
Tramite quanto proposto verrebbe a essere cambiata non solo la parte ordinamentale, ma si sterilizzerebbe anche la prima parte che raccoglie il senso della battaglia per la libertà; il frutto alto del lavoro costituente. L'ordinamento attuale, per quanto in parte già sfregiato da partiti che perso il senso del mandato politico tenevano solo a quello di governo, è però in gran parte integro ed è conseguenza coerente alla prima parte, ai principi programmatici fondamentali della Costituzione; ovvero all'eredità storica dell'antifascismo. Con tale stravolgimento Giorgia Meloni potrebbe vantarsi di aver realizzato il sogno di Giorgio Almirante; scongelerebbe le radici della Repubblica.
Tutto ciò deve essere impedito; l'antifascismo è l'humus della democrazia politica italiana; perderne il senso concreto significa aprire un baratro pericoloso.
E' naturale che ognuno abbia le proprie radici. Noi abbiamo le nostre nel socialismo rosselliano, nell'esperienza giellista e azionista e le dichiariamo con orgoglio. Esse indicano, naturalmente, una precisa idea dell' Italia; sono radici che non gelano. Diverso è il “gelo” dei tolkian-almirantiani in quanto le loro, di radici, affondano in quel di Salò. Il loro albero si chiama Giorgio Almirante; il nostro Ferruccio Parri. E' naturale che ciò crei imbarazzo. Così si aggira il problema ricorrendo a Tolkien che si trasfigura pure in un certo esoterismo che è sempre un qualcosa che piace alla destra. Insomma, come dicevano i latini, quis habet aures audiendi audiat!
In fondo, l'intenzione di cambiare la forma costituzionale dello Stato, rientra in questo grande anello per dare all'Italia una postura autoritativa del potere politico.
La presidente del consiglio, infatti, sia per dare forza a un governo che è strutturalmente debole e di basso profilo, sia per cercare di uscire dall'incubo di un accerchiamento che potrebbe farla cadere, ha lanciato la parola d' ordine :terza repubblica. In Parlamento è arrivato un disegno di legge che è limitativo definire un pasticcio in quanto è un vero e proprio non sense costituzionale. Il prof. Enzo Cheli, costituzionalista eminente e vice-presidente onorario della Corte, ha definito il principio del premierato “incostituzionale” in quanto avverso all'articolo uno della Carta.
Se ritenessimo la compagine di destra animata da una fine furbizia potremmo ritenere che essa ha agito così per chiudere gli oppositori in una trappola: in una specie di pallacorda tecnica. Constatiamo con sorpresa e amarezza che è quanto avviene poiché, fino a ora, le osservazioni riguardano il tecnicismo istituzionale. Nessuno, infatti, sfiora la questione storica e culturale che il solo parlare di terza repubblica pone. Se il problema del perché l'Italia ha questa Costituzione non interessa nessuno allora, comunque vada a finire, vuol dire che la coscienza collettiva del Paese ha perso la memoria dell'antifascismo, delle radici della Carta e delle sue caratteristiche programmatiche, con la centralità del Parlamento e l'insostituibile ruolo dei partiti.
Dietro la parola d'ordine della terza repubblica c'è un'intenzione che riguarda il cambio di paradigma della storia italiana: che finalmente non si possa più affermare che la Repubblica e la Costituzione sono il frutto dell'antifascismo; che la vicenda complessiva del Paese ha un nuovo inizio all'insegna del concetto “vago e indefinito” di nazione; una nuova stagione all'insegna della stabilità, ossia su una sonora bugia perché è vero che abbiamo avuto molti governi, ma la stabilità della Repubblica è sempre rimasta intatta e, nel caso della lotta al terrorismo proprio la tenuta dell'arco costituzionale permise alla Repubblica di venirne fuori. La debolezza riguarda la politica non le istituzioni.
Tramite quanto proposto verrebbe a essere cambiata non solo la parte ordinamentale, ma si sterilizzerebbe anche la prima parte che raccoglie il senso della battaglia per la libertà; il frutto alto del lavoro costituente. L'ordinamento attuale, per quanto in parte già sfregiato da partiti che perso il senso del mandato politico tenevano solo a quello di governo, è però in gran parte integro ed è conseguenza coerente alla prima parte, ai principi programmatici fondamentali della Costituzione; ovvero all'eredità storica dell'antifascismo. Con tale stravolgimento Giorgia Meloni potrebbe vantarsi di aver realizzato il sogno di Giorgio Almirante; scongelerebbe le radici della Repubblica.
Tutto ciò deve essere impedito; l'antifascismo è l'humus della democrazia politica italiana; perderne il senso concreto significa aprire un baratro pericoloso.