L’ EUROPA SENZA UNA CLASSE POLITICA di Paolo Bagnoli
di Paolo Bagnoli
23-06-2024 - EDITORIALE
Della particolarità che avevano le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, con quanto ne consegue, avevamo già scritto rilevando come esse si svolgessero in una specie di vuoto concettuale, di assenza di pensiero su come l'Europa dovrebbe essere e su cosa dovesse fare per una sua forte e razionale strutturazione. Insomma, prefigurando la proposta programmatica dell'Europa quale “pensiero compiuto” e non essendo, peraltro, esso compiuto, cosa si dovesse fare per raggiungere lo scopo considerati i deficit che quotidianamente lamentiamo.
Il voto non ha risolto il problema poiché ogni Paese se ne è servito come l'occasione per misurarsi all'interno e se il risultato ha visto la conferma dell'attuale maggioranza con un significativo aumento dei popolari e un contenuto arretramento dei socialisti – a proposito dei quali va detto che, all'interno della famiglia, il miglior risultato l'ha conseguito il Pd che non è un partito socialista – le affermazioni del populismo nero e talora chiaramente fascista avvenuto in Francia e Germania ci domandiamo se si sarebbero realizzate qualora fosse emersa una mentalità europea per guidare le scelte dell'elettorato nel senso di una grande progetto democratico tanto più necessario e urgente considerate le guerre del momento e le incertezze globali che riguardano tutti.
Ma viste le premesse era gioco forza che il dopo elezioni si riducesse a rappresentarci la più bassa tonalità di quanto è, tuttavia, necessario fare per dare corso alle istituzioni dell'Unione, compreso il dinamismo tattico e furbesco della nostra Presidente del Consiglio quale leader dei conservatori europei. Quanto è successo in Slovacchia con l'occupazione da parte del governo dell'informazione pubblica ci conferma della necessità di uno strutturale cambio di passo verso una costruzione dell'Europa le cui radici democratiche siano tanto profonde e radicate da togliere spazio per il nascere delle “democrazie illiberali”: una contraddizione in termini perché senza libertà non vi è nemmeno democrazia; quest'ultima, infatti, ne costituisce la forma politica.
Le forze della democrazia europea devono ripensare se stesse e ci si devono impegnare a fondo. La crisi dell'Europa che queste elezioni non hanno diminuito ci conferma come manchi una classe politica all'altezza della situazione e un Paese – come diceva Gaetano Mosca – che rinuncia ad avere una classe politica è destinato a suicidarsi.
Siamo convinti che quanto da noi avvertito lo sia largamente; non solo in Italia, ma anche da molti di coloro che sono nelle organizzazioni europee con ruoli di responsabilità, tuttavia la situazione non fa passi in avanti e le preoccupazioni su un futuro periglioso non sono fuori luogo. Manca il coraggio e manca l'elaborazione politica, la riduzione di tutto al mondo dei social non produce positività sociale poiché gli strumenti messici a disposizione del progresso – che in sé. beninteso, non demonizziamo – non possono rendere alle comunità quella moralità valoriale che è propria della politica vera e del suo innato dato pedagogico. Rilevarlo è semplice, ma invertire la tendenza richiede consapevolezza piena del problema e sapere che la crisi della classi dirigenti, alla fine, porta sempre al conflitto. La storia europea ce lo insegna.
Il voto non ha risolto il problema poiché ogni Paese se ne è servito come l'occasione per misurarsi all'interno e se il risultato ha visto la conferma dell'attuale maggioranza con un significativo aumento dei popolari e un contenuto arretramento dei socialisti – a proposito dei quali va detto che, all'interno della famiglia, il miglior risultato l'ha conseguito il Pd che non è un partito socialista – le affermazioni del populismo nero e talora chiaramente fascista avvenuto in Francia e Germania ci domandiamo se si sarebbero realizzate qualora fosse emersa una mentalità europea per guidare le scelte dell'elettorato nel senso di una grande progetto democratico tanto più necessario e urgente considerate le guerre del momento e le incertezze globali che riguardano tutti.
Ma viste le premesse era gioco forza che il dopo elezioni si riducesse a rappresentarci la più bassa tonalità di quanto è, tuttavia, necessario fare per dare corso alle istituzioni dell'Unione, compreso il dinamismo tattico e furbesco della nostra Presidente del Consiglio quale leader dei conservatori europei. Quanto è successo in Slovacchia con l'occupazione da parte del governo dell'informazione pubblica ci conferma della necessità di uno strutturale cambio di passo verso una costruzione dell'Europa le cui radici democratiche siano tanto profonde e radicate da togliere spazio per il nascere delle “democrazie illiberali”: una contraddizione in termini perché senza libertà non vi è nemmeno democrazia; quest'ultima, infatti, ne costituisce la forma politica.
Le forze della democrazia europea devono ripensare se stesse e ci si devono impegnare a fondo. La crisi dell'Europa che queste elezioni non hanno diminuito ci conferma come manchi una classe politica all'altezza della situazione e un Paese – come diceva Gaetano Mosca – che rinuncia ad avere una classe politica è destinato a suicidarsi.
Siamo convinti che quanto da noi avvertito lo sia largamente; non solo in Italia, ma anche da molti di coloro che sono nelle organizzazioni europee con ruoli di responsabilità, tuttavia la situazione non fa passi in avanti e le preoccupazioni su un futuro periglioso non sono fuori luogo. Manca il coraggio e manca l'elaborazione politica, la riduzione di tutto al mondo dei social non produce positività sociale poiché gli strumenti messici a disposizione del progresso – che in sé. beninteso, non demonizziamo – non possono rendere alle comunità quella moralità valoriale che è propria della politica vera e del suo innato dato pedagogico. Rilevarlo è semplice, ma invertire la tendenza richiede consapevolezza piena del problema e sapere che la crisi della classi dirigenti, alla fine, porta sempre al conflitto. La storia europea ce lo insegna.