"ALLE RADICI DEL PROBLEMA UCRAINO"
21-02-2022 - IL SOCIALISMO NEL MONDO
La crisi è scoppiata il 17 dicembre 2021, quando la Russia ha comunicato all’Occidente le proprie irrevocabili condizioni: ritiro delle armi nucleari USA dall’Europa, allontanamento delle forze multinazionali dell’alleanza dalla Polonia e gli stati baltici, impegno a interrompere ogni ulteriore espansione della Nato verso est, garanzia scritta che all’Ucraina non sarebbe mai stato consentito di aderire alla Nato. Si tende a considerare l’aggressione all’Ucraina come un tentativo di riassumere il controllo russo sull’ex impero sovietico – o di limitare l’influenza occidentale su quello che era l’impero sovietico nell’Europa orientale. In realtà - scrive sul Financial Times Serhii Plokhy, docente di storia ucraina all’università di Harvard -l’obiettivo di Putin non è tanto rifondare l’Unione Sovietica, quanto mantenere il controllo sull’ex spazio sovietico in modo più efficiente: obiettivo che può raggiungere se le ex repubbliche sovietiche sono governate da autocrati, da lui dipendenti, per rimanere al potere - una linea politica seguita nei confronti del leader bielorusso Alexander Lukashenko e del presidente del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, entrambi minacciati dalle proteste popolari che ne contestavano i governi corrotti. Ciò che il leader del Cremlino teme sopra ogni cosa è che qualche stato ex sovietico diventi una fiorente democrazia integrata con l’Occidente, il che potrebbe indurre anche il popolo russo a seguirne l’esempio. Putin sostiene che russi e ucraini sono in realtà un solo popolo. L’origine di questa affermazione risale alla metà del 19esimo secolo quando, per far fronte all’emergere del movimento nazionale ucraino, venne formulato il concetto di nazione russa tripartita che consisteva nella Grande Russia – quella attuale -, la piccola Russia o Ucraina e la Russia bianca o Bielorussia. Nel tentativo di arrestare lo sviluppo del movimento politico e culturale ucraino, nell’impero venne posto il divieto di pubblicare in lingua ucraina, il che rallentò lo sviluppo di un moderno progetto nazionale ucraino ma non lo bloccò. Quando a causa della rivoluzione russa l’impero crollò, gli attivisti ucraini diedero vita a uno stato autonomo e nel 1918 proclamarono l’indipendenza. Nel 1920 i bolscevichi presero il controllo della maggior parte della cosiddetta Ucraina russa, ma ormai l’idea di indipendenza si era fatta strada nelle masse ucraine e i bolscevichi furono costretti a riconoscere l’Ucraina quale nazione separata e ad accordare un’autonomia pro forma alla repubblica sovietica ucraina. Fu proprio a causa di Ucraina e Georgia, le due repubbliche più indipendenti, che nel 1922-1923 l’Unione Sovietica fu creata più come stato pseudo-federale che come stato unitario. L’Ucraina, la più popolosa repubblica sovietica dopo la federazione russa, giocò un ruolo chiave non solo nella creazione dell’URSS ma anche nella sua dissoluzione. Fu il referendum ucraino del 1° dicembre 1991, nel quale oltre il 90% dei partecipanti votarono per l’indipendenza del paese, che decretò la fine dell’URSS. L’URSS si disgregò infatti entro una settimana, quando il parlamento russo approvò un’intesa, negoziata da Boris Yeltsin e le controparti ucraine e bielorusse. L’accordo scioglieva l’Unione Sovietica, riconosceva l’indipendenza delle ex repubbliche sovietiche e stabiliva il Commonwealth degli Stati Indipendenti (CIS) al posto della defunta URSS. Questo perché la Russia non era in grado di portare il peso dell’Unione senza l’Ucraina, lo stato più ricco e popolato delle 15 repubbliche sovietiche. Il Commonwealth, la cui creazione fu un compromesso imposto a Yeltsin dall’Ucraina, mise in grado la Russia di ristabilire il suo controllo sullo spazio post-sovietico e il suo status di potenza mondiale. In questo modo si sarebbe evitato non solo la disintegrazione dell’impero, ma anche sia guerre nucleari con potenze atomiche fra Russia e Ucraina, Bielorussia e Kazakistan, che guerre convenzionali. Ciononostante, negli anni seguenti la Russia si impelagò in conflitti con gli stati post-sovietici, offrendo aiuto al di là dei suoi confini ai movimenti separatisti. Mentre gli USA riconobbero e sostennero l’indipendenza delle ex-repubbliche sovietiche, la Russia ne accettò solo l’indipendenza condizionata, basata sull’alleanza con Mosca e l’appartenenza alla sua sfera di influenza. La leadership ucraina tuttavia non era interessata a nessuna forma di sovranità congiunta con la Russia e rifiutò di unirsi al Commonwealth che aveva contribuito a creare. La riluttanza di Kiev a privarsi delle armi nucleari ereditate dall’URSS – l’arsenale più grande dopo quello di USA e URSS - era dovuta al timore di una possibile aggressione russa. Quando nel 1994 gli ucraini accettarono di privarsi delle armi nucleari, insistettero per avere la garanzia della loro sovranità e della loro integrità territoriale. Il risultato fu il memorandum di Budapest, che dava però all’Ucraina assicurazioni anziché garanzie. Uno dei garanti, oltre agli USA e alla Gran Bretagna, era la Russia. La Russia di Yeltsin tentò di tenere l’Ucraina nella sua sfera di influenza per mezzo di legami economici, sfruttando la dipendenza di Kiev dal gas russo. La Russia di Putin cercò di fare lo stesso. L’Ucraina tuttavia continuava a spostarsi dalla Russia verso l’Unione Europea. Per impedirle di firmare un trattato di associazione con Bruxelles, Mosca cercò di corrompere il presidente Viktor Janukovyč con un prestito di 15 miliardi di dollari. Nonostante l’avesse promesso agli ucraini, Janukovyč rifiutò di firmare il trattato con l’EU. Ne seguì una rivolta popolare lo costrinse a fuggire e a rifugiarsi in Russia che accolse il fuggiasco, accusò gli USA e l’Europa di provocare la rivolta popolare e si annesse la Crimea. Nel 2014 Mosca cominciò a destabilizzare il Donbass - l’Ucraina orientale confinante con la Russia. Ne è derivato un conflitto che continua tuttora. Sono state l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbass a indurre l’Ucraina a insistere con sempre maggiore determinazione per entrare a far parte della Nato - molti ritengono proprio il Donbass la regione più vulnerabile dove potrebbero scoppiare le ostilità. Fino ad ora la Nato ha negato all’Ucraina l’annessione all’alleanza. Ma la richiesta attuale di escludere l’Ucraina dalla Nato per sempre può avere effetto contrario, portando al risultato opposto. Da anni l’Ucraina è in una situazione di incertezza e pericolo che sembra senza via d’uscita: l’unica soluzione sarebbe tentare la strada di una neutralità negoziata.
Fonte: di GIULIETTA ROVERA