"I PARTITI"
26-10-2021 - STORIE&STORIE
Lunedì 19 ottobre sono finiti i ballottaggi che hanno determinato i nuovi sindaci. In realtà alla chiusura dei seggi si sapeva chi aveva vinto e di gran lunga le elezioni: l'astensionismo. Quando più della metà degli elettori non esercita il più importante dei propri diritti il livello di guardia della democrazia è molto alto. Non è un caso che in questo vuoto abbiano cercato di inserirsi i fascisti attaccando la sede nazionale della CGIL. La risposta è stata molto ferma, se si escludono i balbettii dei leaders di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d'Italia. L'attenzione sull' astensionismo è durata un fugace lasso di tempo, tutti si sono dichiarati preoccupati e poi sono andati per la loro strada come se non fosse accaduto niente. Vorrei sommessamente ricordare che il nostro sistema costituzionale è antifascista e l'agire delle istituzioni si esprime attraverso una democrazia rappresentativa dove il ruolo dei partiti è fondamentale tanto da essere tutelato costituzionalmente all'articolo 49 (Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale), così come è tutelata la funzione dei sindacati, articolo 39. L'altro aspetto della Costituzione Italiana è che ha il suo centro vitale nelle Assemblee elettive (Parlamento, Regioni, Provincie e Comuni). Con le modifiche che o formalmente o di fatto si sono verificate, tutta questa costruzione ha iniziato a non funzionare e i contraccolpi si sono fatti sentire. Nell'arco degli ultimi trent'anni si sono insediati per quattro volte Presidenti del Consiglio (Ciampi, Dini, Monti e Draghi) incaricati direttamente dal Presidente della Repubblica e non appartenenti ad alcun partito. Questa situazione, al di là delle capacità dei Presidenti del Consiglio incaricati che si sono mostrate notevoli, denota una crisi sempre più evidente dei partiti che non riescono a creare quel tessuto connettivo fra istituzioni e popolo indispensabile per il funzionamento di una repubblica parlamentare.
Il partito che ci consegna la nostra Costituzione è una organizzazione strutturalmente presente in ogni piega della società, che ha una forma decisionale collettiva, che opera dentro una concezione globale ideologizzata che indica obbiettivi generali che servono ad orientare il comportamento degli iscritti e al contempo portando avanti le istanze sociali, quindi non solo rappresentanza ma anche “educazione” dei propri militanti. Serve a garantire che il consenso o il dissenso vengano gestiti a livello istituzionale. Soprattutto è fondamentale perché serve a far partecipare i cittadini alla vita politica. Inoltre, con il dettato costituzionale sopra ricordato (art. 49), si cercò di evitare di vedere riappare non solo il fascismo ma anche il precedente sistema oligarchico.
Il tipo di partito che opera in questi anni è un partito che ha come momento fondamentale solo quello elettorale, finalizzato ad occupare le posizioni di vertice nelle istituzioni. Per fare questo ha bisogno di una struttura verticale e di comunicare le proprie proposte con messaggi, mutuati dal sistema commerciale, che tendono ad adescare gli elettori. Il partito riesce a captare gli umori della società senza però averne una propria visione all'interno della quale collocare le sue proposte. Questo tipo di partito giustifica il mutare dei suoi comportamenti utilizzando il concetto di governabilità. Per questo tipo di partito si può utilizzare la famosa espressione di Rousseau: “Il popolo inglese pensa d'esser libero; ei s'inganna a partito; e non è libero se non durante l'elezione dei membri del parlamento: non appena li ha eletti, che torna schiavo e non è più niente. Nei brevi istanti di sua libertà, per l'uso che ne fa, merita di perderla”. (J. J. Rousseau, Il contratto sociale, Tip. di Giacomo Stude, Venezia, 1862, p. 118).
La così detta crisi dei partiti non corrisponde a verità. Sono in crisi i partiti di tipo novecentesco, anzi per essere più precisi, i partiti nati dalla Resistenza, il partito organizzato con la sola finalità della gestione del potere è tutt'altro che in crisi.
Il partito che ci consegna la nostra Costituzione è una organizzazione strutturalmente presente in ogni piega della società, che ha una forma decisionale collettiva, che opera dentro una concezione globale ideologizzata che indica obbiettivi generali che servono ad orientare il comportamento degli iscritti e al contempo portando avanti le istanze sociali, quindi non solo rappresentanza ma anche “educazione” dei propri militanti. Serve a garantire che il consenso o il dissenso vengano gestiti a livello istituzionale. Soprattutto è fondamentale perché serve a far partecipare i cittadini alla vita politica. Inoltre, con il dettato costituzionale sopra ricordato (art. 49), si cercò di evitare di vedere riappare non solo il fascismo ma anche il precedente sistema oligarchico.
Il tipo di partito che opera in questi anni è un partito che ha come momento fondamentale solo quello elettorale, finalizzato ad occupare le posizioni di vertice nelle istituzioni. Per fare questo ha bisogno di una struttura verticale e di comunicare le proprie proposte con messaggi, mutuati dal sistema commerciale, che tendono ad adescare gli elettori. Il partito riesce a captare gli umori della società senza però averne una propria visione all'interno della quale collocare le sue proposte. Questo tipo di partito giustifica il mutare dei suoi comportamenti utilizzando il concetto di governabilità. Per questo tipo di partito si può utilizzare la famosa espressione di Rousseau: “Il popolo inglese pensa d'esser libero; ei s'inganna a partito; e non è libero se non durante l'elezione dei membri del parlamento: non appena li ha eletti, che torna schiavo e non è più niente. Nei brevi istanti di sua libertà, per l'uso che ne fa, merita di perderla”. (J. J. Rousseau, Il contratto sociale, Tip. di Giacomo Stude, Venezia, 1862, p. 118).
La così detta crisi dei partiti non corrisponde a verità. Sono in crisi i partiti di tipo novecentesco, anzi per essere più precisi, i partiti nati dalla Resistenza, il partito organizzato con la sola finalità della gestione del potere è tutt'altro che in crisi.
Per completare questo quadro non possiamo sottacere la grande responsabilità della classe politica dirigente che dagli anni Ottanta in poi ha gestito il potere: sia per comportamenti personali scandalosi, sia perché non ha avuto la capacità di analizzare le nuove tendenze e fare proposte alternative. Era meglio farsi guidare dal turbo capitalismo finanziario, anzi esprimere una ideologia contigua a questo. Si è accettato che il mercato sia l'unico soggetto capace di governare in maniera efficiente l'allocazione delle risorse, per i partiti l'importante era ed è continuare a mantenere le posizioni di guida nelle istituzioni. In nome dell'efficienza è stato fatto strame di ogni conquista che cercava di riequilibrare la ricchezza. La crisi del 2008 ha evidenziato le false illusioni del capitalismo finanziario, tanto che i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. Alcuni momenti delle riforme portate avanti dal centro sinistra (Statuto dei lavoratori, Riforma sanitaria, Riforma della scuola etc.) assomigliano, viste con gli occhi di oggi, alla presa di altrettanti palazzi d'inverno.
Sono curioso di vedere come si realizzerà la transizione economica verso la cosiddetta green economy e chi immetterà, per questo obbiettivo, le risorse necessarie per attuarla. Il sistema bancario europeo riesce a produrre utili perché il suo attivo dipende per la grandissima parte da proventi di imprese legate alla produzione di energie fossili
Il partito “leggero”, tanto caro all'On. Walter Veltroni, sarà in grado di combattere questa battaglia fondamentale per la vita del mondo?
Fonte: di ENNO GHIANDELLI